IL TRIBUNALE DELL’UNIONE ANNULLA PARZIALMENTE LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE NEL CASO INTEL. EFFETTI DELLA CONDOTTA DELL’IMPRESA DOMINANTE, TEST «AEC» E ONERE DELLA PROVA

marketude Andrea Palumbo, EU and Competition, Litigation, Publications, Roberto A. Jacchia

In data 26 gennaio 2022, il Tribunale dell’Unione Europea, pronunciandosi su  rinvio della Corte di giustizia[1], ha annullato parzialmente la decisione[2] con cui la Commissione  aveva inflitto un’ammenda di 1,06 miliardi di euro al produttore di microprocessori Intel, ritenendolo responsabile di un abuso della propria posizione dominante nel mercato mondiale dei processori x86[3] nel  periodo tra l’ottobre 2002 e il 2007, in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito, “TFUE”).

In particolare, la decisione è stata annullata nella parte in cui la Commissione aveva qualificato come abusivi taluni sconti applicati da Intel, in quanto la ricostruzione della Commissione era incompleta e non adduceva prove sufficienti a dimostrare gli effetti anticoncorrenziali, attuali o potenziali, della condotta di Intel.

Questi i fatti.

Nel 2009, la Commissione aveva adottato una decisione con cui aveva comminato ad Intel un’ammenda per abuso di posizione dominante nei confronti di altre imprese. In particolare, le condotte sanzionate erano di due tipi, restrizioni allo scoperto accordate ai clienti e sconti di fedeltà condizionati.

La parte della decisione affetta dalla pronuncia del Tribunale riguarda gli sconti di fedeltà condizionati. La Commissione riteneva che Intel avesse posto in essere pratiche abusive tramite gli sconti applicati a quattro partner commerciali produttori di apparecchiature informatiche, Dell, Lenovo, HP e NEC (di seguito, i «quattro partner»), nonché al distributore europeo di dispositivi microelettronici Media-Saturn-Holding (di seguito, «MSH»). In primo luogo, Intel aveva imposto, come condizione per l’ottenimento degli sconti, che i quattro partner si rifornissero presso di lei di tutto, o pressoché tutto, il loro fabbisogno di microprocessori x86. In secondo luogo, Intel aveva effettuato pagamenti a MSH, a condizione che quest’ultima vendesse solamente computer muniti di microprocessori x86 prodotti da Intel. Secondo la Commissione, queste condotte avrebbero presentato carattere anticoncorrenziale, in quanto idonee a ridurre la capacità di scelta dei consumatori e gli incentivi all’innovazione. Intel aveva impugnato la decisione della Commissione, ed il Tribunale aveva integralmente respinto il ricorso con sentenza del 12 giugno 2014[4]. Intel aveva poi impugnato la Sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di Giustizia.

Con il proprio appello, Intel aveva lamentato la commissione di un errore di diritto da parte del Tribunale, per aver omesso di esaminare l’abusività degli sconti alla luce delle circostanze del caso di specie. In particolare, secondo Intel il Tribunale aveva errato nel ritenere che gli sconti di fedeltà condizionati, applicati da un’impresa in posizione dominante, fossero, in quanto tali, idonei a restringere la concorrenza, senza esaminare gli argomenti dedotti da Intel sulle modalità con cui la Commissione aveva effettuato il cosiddetto test AEC (noto in inglese come «as efficient competitor test»)[5]. La Corte ha rilevato che le risultanze del test AEC avevano giocato un ruolo fondamentale nel formare il convincimento della Commissione sugli effetti anticoncorrenziali dalla condotta di Intel, in quanto avevano segnalato che, per poter competere con Intel in presenza degli sconti di fedeltà condizionati, un concorrente altrettanto efficiente avrebbe dovuto praticare prezzi economicamente non sostenibili, con la conseguenza che gli sconti avrebbero prodotto effetti escludenti nel mercato rilevante.

Nonostante l’importanza delle risultanze del test AEC per la decisione della Commissione, il Tribunale si era però astenuto dall’esaminare gli argomenti presentati da Intel. Pertanto, con la sua pronuncia del 6 settembre 2017, la Corte ha annullato la sentenza di primo grado ed ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale, affinché esso potesse considerare gli argomenti di Intel, e l’idoneità degli sconti condizionati a restringere la concorrenza[6].

In sede di rinvio, il Tribunale ha preliminarmente osservato che l’annullamento della propria precedente sentenza era da ascriversi ad un solo errore, la mancata considerazione delle argomentazioni con cui Intel aveva inteso confutare le risultanze del test AEC effettuato dalla Commissione. Pertanto, in sede di rinvio il Tribunale si è concentrato esclusivamente sul test AEC, in aggiunta ad una serie di premesse metodologiche e sulla portata dell’onere della prova che la Commissione europea era tenuta ad assolvere.

Quanto alla metodologia, il Tribunale ha affermato che la Commissione era tenuta ad analizzare l’idoneità del sistema di sconti a precludere la concorrenza. Rifacendosi a quanto affermato dalla Corte di Giustizia, il Tribunale ha precisato che occorreva analizzare l’ampiezza della posizione dominante nel mercato rilevante, il tasso di copertura del mercato per effetto della condotta, le condizioni e le modalità di concessione degli sconti, la loro durata e il loro importo, e l’eventuale esistenza di una strategia intesa ad escludere dal mercato i concorrenti altrettanto efficaci.

Passando alle risultanze del test AEC, il Tribunale ha rilevato che la Commissione non aveva addotto prove sufficienti a dimostrare che ciascuno degli sconti applicati avesse prodotto gli effetti escludenti, alla luce degli argomenti presentati da Intel. Con riferimento agli sconti applicati a DELL, gli elementi di prova presentati da Intel erano tali da far sorgere dubbi sulle risultanze del test AEC, per cui l’onere della prova doveva considerarsi non assolto dalla Commissione. Analoga conclusione è stata raggiunta per gli sconti applicati a HP, in quanto l’effetto escludente non era stato provato per tutto il periodo dell’infrazione. Per quanto riguarda invece gli sconti applicati a Lenovo e a NEC, il Tribunale ha riscontrato errori, relativi sia ad analisi numeriche, che all’estrapolazione di dati per dimostrare l’esistenza dell’infrazione per l’intero periodo di riferimento[7]. Infine, per gli sconti applicati a MSH, il Tribunale ha parimenti rilevato errori di estrapolazione per analizzare gli effetti escludenti dei pagamenti concessi.

Oltre agli errori relativi agli sconti concessi da Intel ai propri partner commerciali, secondo il Tribunale, la Commissione aveva errato nella propria analisi complessiva degli effetti escludenti del sistema di sconti di Intel. In primo luogo, non aveva debitamente esaminato il criterio relativo al tasso di copertura del mercato ascrivibile alla condotta contestata e, in secondo luogo, non aveva effettuato una corretta ricostruzione della durata degli sconti. Il Tribunale ha pertanto concluso nel senso dell’incompletezza dell’analisi della Commissione, quanto alla concreta idoneità del sistema di sconti di Intel a produrre effetti anticoncorrenziali. Di conseguenza, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione, limitatamente alla parte in cui considerava gli sconti applicati come condotte abusive ai sensi dell’articolo 102 del TFUE.

Il Tribunale ha poi esaminato l’impatto dell’annullamento parziale sull’ammenda inflitta a Intel, ritenendo che non fosse possibile individuare la porzione dell’ammenda afferente alle sole condotte accertate nella parte annullata della decisione. Di conseguenza, il Tribunale ha annullato l’intera ammenda, dichiarando invalido il relativo articolo che la prevedeva all’interno della decisione.

Con la sentenza in esame, il Tribunale ha esercitato un controllo giurisdizionale intenso sulla decisione della Commissione. Oltre a costituire una rara ipotesi di annullamento di una decisione adottata sulla base dell’articolo 102 del TFUE, questa sentenza riveste significativa importanza, per due ragioni.

In primo luogo, sono stati offerti chiarimenti sull’onere della prova che deve essere assolto dalla Commissione per i casi di abuso di posizione dominante. Tra questi, il Tribunale ha affermato che, quando la Commissione ritiene che i fatti del caso possano essere spiegati solo dall’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, e la controparte ne offre una plausibile spiegazione alternativa dei fatti, l’onere della prova sull’esistenza dell’infrazione non può considerarsi assolto, fintantoché non siano confutate le argomentazioni dell’impresa. In secondo luogo, sia la Corte di Giustizia in sede di appello, che il Tribunale in sede di rinvio, hanno specificato come dovrebbero essere applicati in pratica i princìpi della sentenza Hoffmann-La-Roche[8], con particolare riferimento ai passaggi da seguire nell’analisi sull’esistenza di sconti di fedeltà contrari all’articolo 102 del TFUE.

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[1] Sentenza del Tribunale del 26 gennaio 2022, Intel Inc. c. Commissione europea, T-286/09.

[2] Decisione C(2009)3726 del 13 maggio 2009 definitiva della Commissione, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso COMP/C‑3/37.990 – Intel).

[3] I processori x86 sono dipositivi impiegati come componenti essenziali di qualsiasi computer, e sono prodotti da più imprese a livello mondiale, in aggiunta a Intel.

[4] Sentenza del Tribunale del 12 giugno 2014, Intel Inc. contro Commissione europea, T-286/09.

[5] Il «as efficient competitor test», noto anche con l’acronimo AEC, è un test quantitativo impiegato dalle autorità antitrust per determinare gli effetti anticoncorrenziali della condotta di un’impresa dominante.

Nel caso in esame, tramite questo test la Commissione intendeva verificare l’idoneità degli sconti di escludere dal mercato un concorrente con un livello di efficienza pari a quello di Intel. In particolare, il test era volto a determinare il prezzo che un concorrente efficiente quanto Intel, e che sostenesse gli stessi costi sopportati da Intel, avrebbe dovuto offrire ai suoi clienti al fine di colmare la perdita generata dagli sconti offerti da Intel. In tal modo, la Commissione avrebbe potuto stabilire se, in tale ipotesi, il concorrente potesse almeno coprire i costi e pertanto competere con Intel.

[6] Sentenza della Corte di giustizia del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P.

[7] In particolare, per gli sconti applicati al gruppo NEC sono stati rilevati errori relativi al valore degli sconti condizionati, e all’estrapolazione non sufficientemente giustificata dei risultati di un solo trimestre all’intero periodo dell’infrazione. Per gli sconti applicati a Lenovo, il Tribunale ha concluso che la Commissione aveva commesso errori nella valutazione numerica dei vantaggi in natura in questione.

[8] Sentenza della Corte di Giustizia del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche et CO. AG contro Commissione delle Comunità europee, C-85/79.