In data 30 marzo 2022, la Commissione ha presentato una proposta[1] che, modificando la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali del 2005[2] e quella sui diritti dei consumatori del 2011[3], aggiorna l’ecosistema europeo del diritto del consumo nell’epoca della transizione verde.
Annunciata nella nuova agenda dei consumatori[4] e nel piano d’azione per l’economia circolare[5], questa iniziativa mira ad affrontare le problematiche evidenziate dalla valutazione di impatto[6] allegata alla proposta, che aveva rilevato come i consumatori, da un lato, non dispongano di informazioni attendibili presso il punto vendita di un bene o di un servizio per compiere scelte sostenibili dal punto di vista ambientale e, dall’altro, si trovino sovente confrontati con pratiche ingannevoli (c.d. “greenwashing”). Una maggiore partecipazione dei consumatori all’economia circolare, in particolare fornendo loro informazioni più attendibili in merito alla durabilità e alla riparabilità di determinati prodotti prima della conclusione dell’acquisto è, infatti, una componente fondamentale per conseguire gli obiettivi climatici e ambientali del Green Deal europeo.
Per quanto riguarda la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in primo luogo, la proposta introduce diverse nuove definizioni quali, tra le altre, quelle di “dichiarazione ambientale”[7], “marchio di sostenibilità”[8], “sistema di certificazione”[9] e “strumento di informazione sulla sostenibilità”[10].
In secondo luogo, modifica l’elenco delle caratteristiche del prodotto in merito alle quali il professionista è tenuto a non fuorviare il consumatore, includendovi l’impatto ambientale o sociale, la durabilità e la riparabilità[11].
In terzo luogo, la proposta include due nuove tipologie di pratiche nell’elenco di quelle ingannevoli se inducono o possono indurre il consumatore medio a prendere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso, ossia i) formulare una dichiarazione ambientale relativa a prestazioni ambientali future senza includervi impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente, e ii) pubblicizzare come vantaggi per i consumatori caratteristiche già considerate pratica comune nel mercato rilevante[12].
In quarto luogo, la proposta amplia l’elenco delle informazioni rilevanti in relazione a pratiche commerciali specifiche, la cui omissione può determinarne l’ingannevolezza, stabilendo che laddove il professionista fornisca un servizio di raffronto fra prodotti sono rilevanti le informazioni sul metodo di comparazione, sui prodotti raffrontati e sui loro fornitori, così come sulle misure di aggiornamento delle informazioni[13].
La proposta, infine, aggiunge all’Allegato I della Direttiva dieci pratiche commerciali specifiche da considerarsi sleali in qualsiasi circostanza quali, tra le altre, i) esibire un marchio di sostenibilità non basato su un sistema di certificazione o non stabilito da autorità pubbliche, ii) formulare una dichiarazione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso quando in realtà riguarda soltanto un determinato aspetto, iii) omettere di informare il consumatore circa l’esistenza di una caratteristica introdotta nel bene per limitarne la durabilità, iv) indurre il consumatore a sostituire materiali di consumo del bene prima di quanto sarebbe necessario per motivi tecnici, e v) presentare requisiti imposti per legge per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell’offerta del professionista.
Anche per quanto riguarda la Direttiva sulla tutela dei consumatori la proposta introduce diverse nuove definizioni quali, tra le altre, quelle di “garanzia commerciale di durabilità”[14], “bene che consuma energia”[15] e “indice di riparabilità”[16].
In secondo luogo, la proposta modifica l’elenco delle informazioni precontrattuali da fornire ai consumatori in modo chiaro e comprensibile al momento della conclusione sia di contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali[17] che di contratti diversi[18] aggiungendovi sei voci, ossia i) informazioni sull’esistenza e sulla durata di una garanzia commerciale di durabilità del produttore per tutti i tipi di beni, ogniqualvolta il produttore le abbia messe a disposizione, ii) informazioni circa l’esistenza di una garanzia di durabilità dei prodotti che consumano energia; iii) l’esistenza e la durata del periodo di tempo per il quale il produttore si impegna a fornire aggiornamenti del software per beni comprendenti elementi digitali, iv) l’esistenza e la durata del periodo per il quale il fornitore si impegna a fornire aggiornamenti del software per contenuti digitali e servizi digitali; v) l’indice di riparabilità del bene secondo quanto previsto dal diritto europeo, e iv) altre informazioni sulla riparazione, qualora non sia disponibile alcun indice di riparabilità a livello dell’ Unione.
La proposta, infine, modifica l’elenco delle informazioni di cui i consumatori devono essere messi a conoscenza immediatamente prima di effettuare l’ordine, nel caso di contratti a distanza conclusi con mezzi elettronici, aggiungendovi quelle sull’esistenza e sulla durata della garanzia commerciale di durabilità del produttore, o sul fatto che le informazioni non sono state fornite nel caso di beni che consumano energia[19].
Le proposte della Commissione dovranno ora essere discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo, e una volta recepite dagli Stati Membri rafforzeranno la tutela dei consumatori tanto dalle pratiche di greenwashing quanto da quelle ingannevoli sulla durabilità di un prodotto.
[1] Com Comm. COM(2022) 143 final del 30.03.2022, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione.
[2] Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, GUUE L 149 del 11.06.2005.
[3] Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, GUUE L 304 del 22.11.2011.
[4] Com. Comm. COM(2020) 696 final del 13.11.2020, Nuova agenda dei consumatori.
[5] Com. Comm. COM(2020) 98 final dell’11.03.2020, Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare.
[6] Comm. SWD(2022) 82 final del 30.03.2022.
[7] L’articolo 2 della Direttiva 2005/29/CE, intitolato “Definizioni”, alla nuova lettera o) dispone: “… o) “dichiarazione ambientale”: nel contesto di una comunicazione commerciale, messaggio o dichiarazione avente carattere non obbligatorio a norma del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, compresi testi e rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche, in qualsiasi forma, tra cui marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti, che asserisce o implica che un dato prodotto o professionista ha un impatto positivo o nullo sull’ambiente oppure è meno dannoso per l’ambiente rispetto ad altri prodotti o professionisti oppure ha migliorato il proprio impatto nel corso del tempo…”.
[8] L’articolo 2 della Direttiva 2005/29/CE alla nuova lettera r) dispone: “… r) “marchio di sostenibilità”: marchio di fiducia, marchio di qualità o equivalente, pubblico o privato, avente carattere volontario, che mira a distinguere e promuovere un prodotto, un processo o un’impresa con riferimento ai suoi aspetti ambientali o sociali oppure a entrambi. Sono esclusi i marchi obbligatori richiesti dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale…”.
[9] L’articolo 2 della Direttiva 2005/29/CE alla nuova lettera s) dispone: “… s) “sistema di certificazione”: sistema di verifica da parte di terzi che, nel rispetto di condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie, è aperto a tutti i professionisti disposti e in grado di conformarsi ai suoi requisiti, il quale certifica che un dato prodotto è conforme a determinati requisiti e nel cui ambito il monitoraggio della conformità è oggettivo, basato su norme e procedure internazionali, unionali o nazionali, ed è svolto da un soggetto che è indipendente sia dal titolare del sistema sia dal professionista…”.
[10] L’articolo 2 della Direttiva 2005/29/CE alla nuova lettera t) dispone: “… t) “strumento di informazione sulla sostenibilità”: software, compresi un sito web, parte di un sito web o un’applicazione, gestito da un professionista o per suo conto, che fornisce ai consumatori informazioni sugli aspetti ambientali o sociali dei prodotti oppure che raffronta i prodotti con riferimento a tali aspetti…”.
[11] L’articolo 6 della Direttiva 2005/29/CE, intitolato “Azioni ingannevoli”, al nuovo paragrafo 1 lettera b) dispone: “… È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
(…)
b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, l’impatto ambientale o sociale, gli accessori, la durabilità, la riparabilità, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto…“.
[12] L’articolo 6 della Direttiva 2005/29/CE al nuovo paragrafo 2 lettere d) ed e) dispone: “… È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:
(…)
d) la formulazione di una dichiarazione ambientale relativa a prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio;
e) la pubblicizzazione come vantaggi per i consumatori di caratteristiche considerate pratica comune nel mercato rilevante…“.
[13] L’articolo 7 della Direttiva 2005/29/CE, intitolato “Omissioni ingannevoli”, al nuovo paragrafo 7 dispone: “… Quando il professionista fornisce un servizio di raffronto fra prodotti, anche attraverso uno strumento di informazione sulla sostenibilità, sono considerate rilevanti le informazioni sul metodo di comparazione, sui prodotti raffrontati e sui fornitori di tali prodotti, così come sulle misure predisposte per tenere aggiornate le informazioni…”.
[14] L’articolo 2 della Direttiva 2011/83/UE, intitolato “Definizioni”, al nuovo punto 14bis dispone: “… 14 bis) “garanzia commerciale di durabilità”: garanzia commerciale di durabilità del produttore, di cui all’articolo 17 della direttiva (UE) 2019/771, in base alla quale il produttore è responsabile direttamente nei confronti del consumatore per la riparazione o la sostituzione dei beni nell’arco di tutto il periodo di durata di tale garanzia…”.
[15] L’articolo 2 della Direttiva 2011/83/UE al nuovo punto 3bis dispone: 3 “… bis) “bene che consuma energia”: bene che dipende da un apporto di energia (energia elettrica, combustibili fossili e fonti di energia rinnovabili) per funzionare come previsto…”.
[16] L’articolo 2 della Direttiva 2011/83/UE al nuovo punto 14 quinquies dispone: “… 14 quinquies) “indice di riparabilità”: indice che esprime l’idoneità di un bene ad essere riparato sulla base di un metodo stabilito conformemente al diritto dell’Unione…”.
[17] Si veda il nuovo paragrafo 1 dell’articolo 5 Direttiva 2011/83/UE.
[18] Si veda il nuovo paragrafo 1 dell’articolo 6 Direttiva 2011/83/UE.
[19] L’articolo 8 della Direttiva 2011/83/UE, intitolato “Requisiti formali per i contratti a distanza”, al nuovo paragrafo 1 dispone: “… Se il contratto a distanza che deve essere concluso con mezzi elettronici impone al consumatore l’obbligo di pagare, il professionista gli comunica in modo chiaro ed evidente le informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), e), m bis), m ter), o) e p), immediatamente prima che il consumatore inoltri l’ordine…”.