In data 9 dicembre 2021, l’Avvocato generale Szpunar ha reso note le sue Conclusioni nella Causa C‑530/20, SIA «EUROAPTIEKA», per chiarire se, tenuto conto della natura e della portata dell’armonizzazione realizzata dalla Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano[1], uno Stato Membro possa vietare la diffusione di informazioni che incoraggiano l’acquisto di medicinali, non soltanto quando esse riguardano un determinato medicinale, e bensì anche quando riguardano medicinali non soggetti a prescrizione medica in generale.
Nel marzo 2016 la SIA «EUROAPTIEKA» (“EUROAPTIEKA”), una società con sede in Lettonia che fa parte di un gruppo che possiede una rete di farmacie e di imprese di vendita al dettaglio di medicinali, aveva annunciato una vendita promozionale sul suo sito internet e nel suo periodico mensile offrendo una riduzione del 15% sul prezzo di qualunque medicinale in caso di acquisto di almeno tre prodotti. La Veselības inspekcijas Zāļu kontroles nodaļa, l’autorità di controllo dei medicinali facente capo all’Ispettorato della sanità pubblica, le aveva vietato, sulla base del Ministru kabineta noteikumi Nr. 378 «Zāļu reklamēšanas kārtība un kārtība, kādā zāļu ražotājs ir tiesīgs nodot ārstiem bezmaksas zāļu paraugus» (decreto n. 378 del Consiglio dei ministri recante modalità della pubblicità dei medicinali e modalità secondo cui un produttore di medicinali può fornire ai medici campioni gratuiti di medicinali)[2], di diffondere la pubblicità relativa a tale vendita promozionale. La EUROAPTIEKA si era opposta al divieto ed aveva proposto un ricorso dinnanzi alla Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale della Lettonia; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di rivolgere alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 86, paragrafo 1[3], della Direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che la diffusione di informazioni che incoraggino l’acquisto di un medicinale facendo leva sul suo prezzo, annunciando una svendita speciale o indicando che esso è venduto insieme ad altri medicinali (anche a prezzo ridotto) o altri prodotti, rientri nella nozione di “pubblicità dei medicinali”, ai sensi di tale disposizione, anche qualora tali informazioni riguardino non già un medicinale determinato, e bensì medicinali non soggetti a prescrizione medica in generale.
L’AG si è in primo luogo soffermato sull’interpretazione letterale dell’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83, rilevando che una comunicazione intesa a promuovere “la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali” rientra nella nozione di “pubblicità dei medicinali”. Più particolarmente, dato che la definizione della nozione utilizza la disgiunzione “o” per indicare le finalità perseguite da una pubblicità, il solo fatto che la diffusione delle informazioni sia intesa a promuovere la vendita di medicinali, e non necessariamente il loro consumo, è sufficiente per concludere che la comunicazione rientra in tale nozione. Di conseguenza, la diffusione di informazioni relative ai medicinali non soggetti a prescrizione medica può, in linea di principio, influenzare la decisione di acquisto del consumatore. Ciò che importa, infatti, non è il medicinale acquistato dal consumatore, e bensì il fatto che la diffusione delle informazioni possa indurre quest’ultimo a procedere ad un acquisto di un prodotto rientrante nell’ampia categoria dei medicinali non soggetti a prescrizione e pertanto, la pubblicità dei medicinali in generale, come quella oggetto del decreto n. 378 lettone, rientra parimenti nella nozione di “pubblicità dei medicinali”.
In secondo luogo, l’AG ha ricordato che l’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83 enuncia una norma di portata generale che si applica in tutti i casi in cui è necessario stabilire se un’attività abbia le caratteristiche di una pubblicità per un medicinale[4], di talché, la nozione di “pubblicità dei medicinali” deve essere intesa in modo ampio, per ricomprendere anche situazioni meno evidenti quanto al fatto che esse rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva stessa.
L’AG si è infine pronunciato
sull’interpretazione teleologica dell’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83, ricordando che i medicinali si distinguono dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici, i quali implicano che, se essi sono assunti senza necessità o in modo scorretto, possono nuocere gravemente alla salute senza che il paziente sia in grado di prenderne coscienza al momento della somministrazione[5]. Secondo l’AG, inoltre, non si può escludere che taluni rischi si ricolleghino anche all’uso di medicinali non soggetti a prescrizione medica, ragion per cui il legislatore dell’Unione ha previsto che la pubblicità presso il pubblico di tali medicinali non sia vietata ma debba essere autorizzata[6], fatte salve le condizioni e le restrizioni previste dalla Direttiva 2001/83.
Di conseguenza, tanto l’interpretazione testuale che quelle sistematica e teleologica dell’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83 suggeriscono che tale disposizione debba essere interpretata nel senso che la diffusione di informazioni che incoraggino l’acquisto di un medicinale facendo leva sul prezzo del medicinale, in specie, annunciando una svendita speciale o indicando che il medicinale è venduto insieme ad altri medicinali o prodotti, può rientrare nella nozione di “pubblicità dei medicinali” anche qualora tali informazioni riguardino non già un determinato medicinale, e bensì medicinali non soggetti a prescrizione medica in generale.
Con la seconda e la terza questione, poi esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiedeva, da un lato, se l’articolo 87, paragrafo 3[7], e l’articolo 90[8] della Direttiva 2001/83 debbano essere interpretati nel senso che tali disposizioni ostano a che uno Stato Membro stabilisca divieti che non corrispondono a quelli previsti all’articolo 90 della medesima direttiva, qualora tali divieti riguardino una pubblicità che favorisce un uso non razionale dei medicinali e, dall’altro lato, se la disposizione controversa stabilisca divieti del genere.
L’AG ha preliminarmente esaminato la prima parte della seconda e della terza questione, ricordando che sebbene la Direttiva 2001/83 non dedichi norme specifiche alla pubblicità per i medicinali effettuata sotto forma di estrazioni a sorte, una siffatta pubblicità è vietata in forza del suo articolo 87, paragrafo 3, in quanto essa ne favorisce un uso non razionale e ne implica la distribuzione diretta al pubblico nonché la consegna di campioni gratuiti[9]. Di conseguenza, l’articolo 87, paragrafo 3, e l’articolo 90 della Direttiva 2001/83 devono essere interpretati nel senso che tali disposizioni non ostano a che uno Stato Membro stabilisca divieti che non corrispondono a quelli previsti all’articolo 90 di tale direttiva, qualora questi ultimi riguardino delle forme di pubblicità che favorisce l’uso non razionale dei medicinali.
In secondo luogo, l’AG ha rilevato che l’articolo 90 della Direttiva 2001/83 non vieta la diffusione di una semplice informazione sul prezzo dei medicinali, nè verte su un obbligo di fissare un determinato prezzo per alcuni medicinali, vietando invece la diffusione di informazioni che incoraggino l’acquisto di un medicinale facendo leva sul suo prezzo, sul carattere speciale della vendita o sulla sua vendita insieme ad altri medicinali o prodotti, anche ad un prezzo ridotto. Tale articolo, pertanto, riguarda le attività idonee ad incitare i consumatori ad acquistare più medicinali insieme, senza necessariamente collegare tale acquisto con la loro salute. Nell’acquisto di medicinali da parte dei consumatori, tuttavia, è proprio la tutela della loro salute che deve prevalere, e non già eventuali interessi economici o vantaggi legati a vendite speciali o abbinate.
Di conseguenza, l’AG Szpunar conclude che l’acquisto di medicinali che non sia guidato dal perseguimento della salute dei consumatori può portare al loro consumo senza tenere conto di tale obiettivo; ciò che costituisce un caso esemplare di loro uso non razionale. I divieti relativi alla pubblicità che incoraggi l’acquisto di un medicinale facendo leva sul suo prezzo, annunciando una svendita speciale o indicando che il medicinale è venduto insieme ad altri medicinali o prodotti, pertanto, riguardano una pubblicità che favorisce l’uso non razionale dei medicinali.
[1] GUUE L 3111 del 28.11.2001.
[2] Il punto 18.12 del decreto n. 378 dispone: “… È vietato includere, nella pubblicità di un medicinale presso il pubblico, informazioni che ne incoraggino l’acquisto, giustificando la necessità di comprare il medicinale mediante il prezzo di quest’ultimo, annunciando una svendita speciale o indicando che il medicinale è venduto insieme ad altri medicinali (ivi incluso a prezzo ridotto) o prodotti…”.
[3] L’articolo 86 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 1 dispone: “… Ai fini del presente titolo si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:
– la pubblicità dei medicinali presso il pubblico,
– la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli,
– la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,
– la fornitura di campioni di medicinali,
– l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile,
– il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,
– il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione…”.
[4] CGUE 05.05.2011, Causa C‑249/09, Novo Nordisk, punto 24.
[5] CGUE 19.5.2009, Cause riunite C‑171/07 e C‑172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a., punti 31-32.
[6] CGUE 11.06.2020, Causa C‑786/18, ratiopharm, punto 40.
[7] L’articolo 87 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 3 dispone: “… La pubblicità di un medicinale
– deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,
– non può essere ingannevole…”.
[8] L’articolo 90 della Direttiva 2001/83 dispone: “… La pubblicità presso il pubblico di un medicinale non può contenere alcun elemento che:
a) faccia apparire superflui la consultazione di un medico o l’intervento chirurgico, offrendo, in particolare, una diagnosi o proponendo una cura per corrispondenza;
b) suggerisca che l’efficacia del medicinale è garantita senza effetti collaterali negativi, superiore o pari ad un altro trattamento o ad un altro medicinale;
c) suggerisca che il medicinale può migliorare il normale stato di buona salute del soggetto;
d) suggerisca che la mancanza del medicinale può avere effetti pregiudizievoli sul normale stato di buona salute del soggetto; tale divieto non si applica alle campagne di vaccinazione di cui all’articolo 88, paragrafo 4;
e) si rivolga esclusivamente o prevalentemente ai bambini;
f) si riferisca ad una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone che pur non essendo scienziati né operatori sanitari possono, a motivo della loro notorietà, incitare al consumo di medicinali;
g) assimili il medicinale ad un prodotto alimentare, ad un prodotto cosmetico o ad un altro prodotto di consumo;
h) suggerisca che la sicurezza o l’efficacia del medicinale è dovuta al fatto che si tratta di una sostanza naturale;
i) possa indurre, attraverso una descrizione o una raffigurazione dettagliata dell’anamnesi, ad una falsa autodiagnosi;
j) si riferisca in modo abusivo, spaventoso o ingannevole a certificati di guarigione;
k) utilizzi in modo abusivo, spaventoso o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell’azione di un medicinale sul corpo umano o su una delle sue parti;
l) indichi che il medicinale ha ricevuto un’autorizzazione all’immissione in commercio…”.
[9] CGUE 08.11.2007, Causa C-374/05, Gintec International Import-Export GmbH contro Verband Sozialer Wettbewerb eV, punto 59.