CRISI UCRAINA. LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA ORDINA ALLA RUSSIA DI FERMARE L’INVASIONE

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In data 16 marzo 2022 la Corte internazionale di Giustizia (International Court of Justice, ICJ) si è pronunciata[1] sulla causa avviata dall’Ucraina nei confronti della Federazione Russa, imponendo a quest’ultima di sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio 2022.

Istituita nel 1945, la ICJ è l’organo giurisdizionale principale delle Nazioni Unite, il cui ruolo è di quello di dirimere, in base al diritto internazionale, le dispute fra Stati membri che hanno accettato la sua giurisdizione nonché di fornire pareri su questioni giuridiche sottoposte dagli organi delle Nazioni Unite e da agenzie specializzate. Riunitasi all’Aja in seduta plenaria, la Corte ha deliberato sul ricorso che l’Ucraina ha presentato[2] in data 26 febbraio 2022 in merito all’interpretazione, applicazione e adempimento della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948[3] alla luce della situazione che si è venuta a creare dopo l’invasione russa iniziata il 24 febbraio 2022.

Più particolarmente, secondo l’Ucraina, la Federazione Russa avrebbe falsamente affermato che atti di genocidio nei confronti delle popolazioni russofone si erano verificati negli oblast di Luhansk e Donetsk, riconoscendole a titolo di contromisura come “repubbliche popolari” e avviando una c.d. “operazione militare speciale” al fine di prevenire tali atti, secondo una rappresentazione che sembra destituita di fondamento, ed anzi denuncerebbe azioni contrarie al diritto internazionale. Di conseguenza, l’Ucraina ha chiesto alla Corte, tra le altre cose, di dichiarare che: i) contrariamente a quanto affermato dalla Federazione Russa, nessun atto di genocidio[4] era stato commesso negli oblast di Luhansk e Donetsk, ii) la Federazione Russa non può, sulla base delle proprie sole affermazioni, legittimamente intraprendere azioni ai sensi della Convenzione sul genocidio in o nei confronti dell’Ucraina al fine di prevenire o punire dei supposti atti di genocidio, ed iii) il riconoscimento dell’indipendenza delle c.d. “repubbliche popolari” di Donetsk e Luhansk, così come la relativa “operazione militare speciale” condotta dalla Federazione Russa, si basa su di una falsa rappresentazione degli atti di genocidio ed è priva di legittimità in base alla Convenzione del 1948.

Al tempo stesso, l’Ucraina ha presentato[5] alla ICJ una richiesta di misure provvisorie nei confronti della Federazione Russa[6]. Nello specifico, al fine di prevenire un pregiudizio irreparabile ai diritti dell’Ucraina e del suo popolo, e onde evitare di aggravare o estendere la controversia relativa alla Convenzione sul genocidio, l’Ucraina ha chiesto alla Corte di ordinare alla Federazione Russa di i) sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio 2022 che hanno come obiettivo la prevenzione e la repressione dei presunti atti di genocidio negli oblast di Luhansk e Donetsk, ii) garantire che qualsiasi unità militare o irregolare da essa diretta o supportata, così come qualsiasi organizzazione e persona soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non intraprendano iniziative per promuovere tali operazioni, ed iii) astenersi da qualsiasi azione e garantire che non venga intrapresa alcuna azione ulteriore che possa aggravare o estendere la controversia relativa alla richiesta di misure provvisorie, o renderne più difficile la risoluzione.

Poiché la richiesta di misure provvisorie ha la priorità su tutte le altre cause[7], le relative udienze orali hanno avuto luogo subito, ciò che ha consentito alla Corte di pronunciarsi in tempi estremamente brevi.

Al fine di adottare le misure provvisorie, la Corte ha dovuto verificare, in primo luogo, se le disposizioni invocate dall’Ucraina[8] siano in grado, prima facie, di fornire una adeguata base giuridica su cui fondare la propria competenza. Al riguardo, la Corte ha preliminarmente ricordato che, per determinare se esista una controversia tra le parti al momento del deposito del ricorso, si deve tener conto, tra le altre cose, di eventuali dichiarazioni o documenti che queste ultime si siano scambiate tra di loro, con particolare attenzione all’autore della dichiarazione o del documento, al suo destinatario previsto o effettivo ed al suo contenuto. La Corte ha inoltre ricordato che, sebbene una parte non debba necessariamente riferirsi in maniera esplicita ad uno specifico trattato nei suoi scambi con l’altra al fine di poterne successivamente invocare la clausola compromissoria per adire l’ICJ, gli scambi tra le stesse devono rinviare all’oggetto del trattato con chiarezza tale da consentire alla parte nei cui confronti viene presentato un ricorso di accertare che sussista, o possa esservi, una controversia a tal proposito. Secondo la Corte, le dichiarazioni rese dagli organi e dagli alti funzionari delle parti indicano una divergenza di opinioni in merito, da un lato, al fatto che determinati atti presumibilmente commessi dall’Ucraina nelle regioni di Luhansk e Donetsk costituiscano atti di genocidio e, dall’altro, al fatto che l’uso della forza da parte della Federazione Russa allo scopo di prevenire e punire tali atti costituisca una misura che può essere legittimamente adottata per adempiere agli obblighi previsti della Convenzione del 1948[9]. Di conseguenza, le condotte lamentate dall’Ucraina sembrano ricadere nelle disposizioni di quest’ultima.

In secondo luogo, il potere di adottare misure provvisorie ha per oggetto la conservazione dei rispettivi diritti rivendicati dalle parti in causa in attesa di una decisione nel merito, e può quindi essere esercitato solamente se la Corte ritiene che i diritti fatti valere dall’Ucraina siano quanto meno plausibili ed esista un nesso tra la loro tutela e il provvedimento richiesto. L’articolo I della Convenzione sul genocidio non specifica i tipi di misure che le parti possono adottare per adempiere al loro obbligo di prevenire e punire il delitto di genocidio; ciononostante, esse devono comunque attuare tale obbligo in buona fede, e gli atti intrapresi a tale scopo devono essere conformi allo spirito e alle finalità delle Nazioni Unite, oltre a rimanere entro i limiti consentiti dal diritto internazionale. Sebbene una decisione sulle pretese del ricorrente possa essere adottata solo qualora la causa proceda nel merito, la Corte ha affermato di non essere in possesso di prove a sostegno dell’affermazione della Federazione Russa secondo cui atti di genocidio sarebbero stati commessi sul territorio ucraino. La Corte, inoltre, dubita che la Convenzione sul genocidio, alla luce del suo oggetto e della sua finalità, autorizzi l’uso unilaterale della forza da parte di uno Stato nel territorio di un altro Stato allo scopo di prevenire o punire dei presunti atti di genocidio; di talché, il diritto dell’Ucraina di non essere sottoposta ad operazioni militari da parte della Federazione Russa risulta quanto meno plausibile. Secondo la Corte, infine, esiste un chiaro nesso tra tale diritto e le misure provvisorie richieste, in quanto queste ultime sarebbero dirette a prevenire qualsiasi azione che possa aggravare o estendere la controversia in essere o renderla più difficile da risolvere.

In terzo luogo, la Corte ha ricordato che, da un lato, essa ha il potere di adottare misure provvisorie quando potrebbe essere arrecato un pregiudizio irreparabile ai diritti oggetto di una controversia o quando la loro asserita violazione potrebbe comportare conseguenze irreparabili e che, dall’altro, tale potere sarà esercitato solo in caso di urgenza, ossia laddove sussista il rischio reale ed imminente che venga arrecato un pregiudizio, appunto, irreparabile ai diritti rivendicati da una parte prima della sentenza definitiva. Considerato che qualsiasi operazione militare, ed in particolare quella intrapresa dalla Federazione Russa sul territorio ucraino, provoca inevitabilmente vittime, danni fisici e mentali alle persone, nonché alle cose e all’ambiente, ed alla luce dell’estrema vulnerabilità della popolazione civile colpita dal conflitto in atto, la Corte ha ritenuto che i diritti fatti valere dall’Ucraina siano di natura tale che un pregiudizio agli stessi è plausibilmente idoneo ad arrecarle un danno irreparabile.

Alla luce di quanto precede, e con una maggioranza di 13 voti contro 2[10], la Corte ha pertanto statuito che la Federazione Russa deve, in attesa della decisione definitiva, sospendere le operazioni militari avviate in data 24 febbraio 2022 nel territorio dell’Ucraina e garantire che qualsiasi unità militare, organizzazione e individuo sotto il suo controllo non adottino comportamenti o provvedimenti volti a supportare tali operazioni.

La decisione della ICJ si allinea, su un diverso piano, alle misure che l’Unione Europea e diversi Stati a livello mondiale hanno adottato nei confronti della Russia[11]. Non resta dunque che attendere la decisione finale sulla controversia, che potrebbe rappresentare un ulteriore passo in direzione della fine del conflitto che, dal 24 febbraio 2022, tiene il mondo con il fiato sospeso.

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[1] Disponibile al seguente LINK.

[2] Si veda l’articolo 38 del Regolamento di Procedura della Corte.

[3] Disponibile al seguente LINK.

[4] L’articolo II della Convenzione sul genocidio dispone: “… Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

  1. a) uccisione di membri del gruppo;
  2. b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
  3. c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
  4. d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
  5. e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro…”.

[5] Si veda l’articolo 73 del Regolamento di Procedura della Corte.

[6] Disponibile al seguente LINK.

[7] Si veda l’articolo 74 del Regolamento di Procedura della Corte.

[8] L’articolo IX della Convenzione sul genocidio dispone: “… Le controversie tra le Parti contraenti, relative all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per atti di genocidio o per uno degli altri atti elencati nell’articolo III, saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia, su richiesta di una delle parti alla controversia…”.

[9] L’articolo I della Convenzione sul genocidio dispone: “… Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire ed a punire…”.

[10] Nello specifico, il Vice-Presidente Kirill Gevorgian (Russia) e il giudice Xue Hanqin (Cina).

[11] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.