RESTRIZIONI COMMERCIALI. L’UNIONE EUROPEA DEFERISCE LA CINA ALLA WTO

marketude Beni di consumo, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 27 gennaio 2022, l’Unione Europea ha avviato un procedimento presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO) contro la Cina per le sue pratiche commerciali discriminatorie nei confronti della Lituania, che colpiscono anche altre esportazioni dal mercato unico europeo.

La decisione della Cina sembra trovare la sua ratio nel fatto che, nel luglio 2021, la Lituania aveva concesso a Taiwan di aprire una propria ambasciata a Vilnius. Come è noto la Repubblica Popolare Cinese non riconosce Taiwan come Stato, e tradizionalmente adotta politiche di risposta diplomatica a vari livelli, nei confronti degli Stati che direttamente o indirettamente riconoscono Taiwan come soggetto di diritto internazionale, ad esempio, consentendo delle forme di upgrading dei rapporti bilaterali, come è il caso dell’attribuzione del rango di ambasciata agli uffici di rappresentanza commerciale.

È in questo più ampio contesto politico che, a partire dall’ultimo trimestre del 2021, tutti gli importatori di prodotti originari della Lituania e/o in transito o comunque relativi alla Lituania hanno iniziato ad incontrare difficoltà e restrizioni nell’assicurarne lo sdoganamento in territorio cinese quali, tra le altre, i) divieti o restrizioni all’importazione dei prodotti in questione dall’Unione, ii) divieti o restrizioni all’esportazione dei prodotti dalla Cina verso l’Unione, e iii) restrizioni o divieti per quanto riguarda la fornitura di servizi dall’Unione o da parte di fornitori di servizi situati nel territorio cinese o nei confronti di consumatori europei in merito a servizi forniti da fornitori cinesi.

Queste misure riguardano non solo beni o servizi provenienti da o destinati alla Lituania (o ad essa collegati), ed hanno bensì effetti anche sulle catene di approvvigionamento in tutta l’Unione. Il procedimento avviato in sede WTO riguarda tutte le misure con cui la Cina ha incoraggiato, incentivato od istigato una politica intesa a restringere il commercio da e con l’Unione, e più specificamente con la Lituania, in contrasto, tra gli altri, con gli articoli I[1], V[2], X[3] e XI[4] dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (General Agreement on Tariffs and Trade, GATT).

Conformemente all’Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (Understanding on Rules and Procedures Governing the Settlement of Disputes, DSU), l’Unione ha chiesto formalmente alla Cina maggiori informazioni sulle misure poste in essere al fine di giungere a una soluzione soddisfacente. Qualora tali consultazioni non permettano di risolvere la controversia entro 60 giorni l’Unione potrà chiedere la costituzione di un panel che deciderà in merito alla questione[5].

La decisione dell’Unione si inserisce nel solco delle misure volte a rafforzare la posizione dell’Unione nel commercio internazionale, tra cui la proposta della Commissione dell’8 dicembre 2021[6] relativa ad uno strumento anti-coercizione, così colmando una lacuna legislativa.

La proposta stabilisce norme e procedure miranti a garantire una tutela efficace degli interessi dell’Unione e dei suoi Stati Membri qualora un Paese terzo, mediante misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti, intenda costringere l’Unione o uno Stato Membro ad adottare o ad astenersi dall’adottare un determinato atto, dando così luogo ad una “coercizione economica”[7]. La risposta dell’Unione a sua volta mira a dissuadere i Paesi terzi dall’esercitare o dal proseguire tali forme di coercizione economica. Nello specifico, una volta accertata la natura coercitiva di un atto[8], la risposta dell’Unione può assumere la forma di un’ampia gamma di misure quali, tra le altre, l’avvio di un dialogo con il Paese terzo interessato al fine di valutare le opzioni per ottenere la cessazione della coercizione[9], assicurando in ogni caso che le stesse non superino il livello commisurato al pregiudizio subito dall’Unione o da uno Stato Membro a causa delle misure adottate dal Paese terzo, tenuto conto della gravità di queste ultime e dei diritti in gioco[10].

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[1] L’articolo I GATT, intitolato “Trattamento generale della nazione più favorita”, al paragrafo 1 dispone: “Tutti i vantaggi, favori, privilegi o immunità, concessi da una Parte contraente a un prodotto originario da ogni altro Paese, o a esso destinato, saranno estesi, imme­diatamente e senza condizioni, a tutti i prodotti congeneri, originari del territorio di ogni altra Parte contraente, o a esso destinati. Questa disposizione si riferisce ai dazi doganali e alle imposizioni di qualsiasi sorta che gravano sulle importazioni o sulle esportazioni, oppure sono riscossi in occasione di importazioni o di esportazioni, come anche alle imposizioni che gravano sui trasferimenti internazionali di fondi intesi a disciplinare le importazioni o le esportazioni, alla maniera di riscuotere tali dazi o imposizioni, all’insieme degli ordinamenti e delle forme attenenti alle impor­tazioni o alle esportazioni, come anche a tutte le altre questioni considerate nei numeri 2 e 4 dell’articolo III”.

[2] L’articolo V GATT, intitolato “Libertà di transito”, al paragrafo 6 dispone: “Ciascuna Parte contraente accorderà ai prodotti, che siano passati in transito per il territorio di qualunque altra Parte contraente, un trattamento non meno favorevole di quello che a essa avrebbe accordato, qualora fossero stati trasportati dal luogo d’origine a quello di destinazione, senza passare per tale territorio. Qualsiasi Parte contraente potrà nondimeno mantenere le condizioni di spedizione diretta, in vigore alla data del presente accordo, rispetto a tutte le merci per le quali una simile spedi­zione sia richiesta per la concessione di diritti preferenziali, oppure abbia attinenza con il modo di valutazione, prescritto dalla detta Parte, nella determinazione dei dazi doganali…”.

[3] L’articolo X GATT, intitolato “Pubblicazione e applicazione dei regolamenti commerciali”, al paragrafo 3 dispone lettera a) dispone: “Ogni Parte contraente applicherà in maniera uniforme, imparziale ed equa, tutti i regolamenti, leggi e decisioni giudiziarie, o amministrative, considerati nel numero 1 del presente articolo…”.

[4] L’articolo XI GATT, intitolato “Abolizione generale delle restrizioni quantitative”, al paragrafo 1 dispone:  “Nessuna Parte contraente istituirà, o manterrà, su l’importazione di un prodotto originario del territorio di un’altra Parte contraente, la esportazione, o la vendita a scopo d’esportazione, di un prodotto destinato al territorio di un’altra Parte, dei divieti o delle restrizioni diversi dai dazi doganali, tasse o altre imposizioni, ancorché attuati sotto forma di contingenti, licenze d’importazione o d’esportazione o in qualunque altra maniera…”.

[5] Si veda l’articolo 4 DSU, intitolato “Consultazioni”.

[6] Com. Comm. COM(2021) 775 final del 08.12.2021, Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla protezione dell’Unione e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica da parte di paesi terzi.

[7] L’articolo 2 della Proposta, intitolato “Ambito di applicazione”, al paragrafo 1 dispone: “… Il presente regolamento si applica quando un paese terzo:

interferisce nelle legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno Stato membro cercando di impedire o ottenere la cessazione, la modifica o l’adozione di un particolare atto da parte dell’Unione o di uno Stato membro,

applicando o minacciando di applicare misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti.

Ai fini del presente regolamento, tali azioni dei paesi terzi sono denominate misure di coercizione economica…”.

[8] L’articolo 4 della Proposta, intitolato “Accertamento riguardo alla misura del paese terzo”, dispone: “… A seguito di un esame effettuato a norma dell’articolo 3, la Commissione adotta una decisione che accerta se la misura del paese terzo interessato soddisfa le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1. La Commissione agisce rapidamente.

Prima di adottare la sua decisione, la Commissione può invitare il paese terzo interessato a presentare le proprie osservazioni.

Se decide che la misura del paese terzo interessato soddisfa le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione notifica la sua decisione al paese terzo interessato e gli chiede di porre fine alla coercizione economica e, se del caso, di riparare al pregiudizio subito dall’Unione o dai suoi Stati membri…”.

[9] L’articolo 5 della Proposta, intitolato “Dialogo con il paese terzo interessato”, dispone: “… La Commissione è disposta ad avviare, a nome dell’Unione, un dialogo con il paese terzo interessato al fine di valutare le opzioni per ottenere la cessazione della coercizione economica. Tali opzioni possono comprendere:

i negoziati diretti;

la mediazione, la conciliazione o i buoni uffici per assistere l’Unione e il paese terzo interessato in tali sforzi;

l’assoggettamento della questione a un procedimento aggiudicativo internazionale.

La Commissione cerca di ottenere la cessazione della coercizione economica anche sollevando la questione in qualsiasi sede internazionale pertinente.

La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio dei pertinenti sviluppi.

La Commissione rimane disponibile a dialogare con il paese terzo interessato dopo l’adozione delle misure di risposta dell’Unione a norma dell’articolo 7. La Commissione può proseguire tali sforzi, a seconda dei casi, unitamente alla sospensione, a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, di qualsiasi misura di risposta dell’Unione…”.

[10] L’articolo 9 della Proposta, intitolato “Criteri per la selezione e la concezione delle misure di risposta dell’Unione”, al paragrafo 1 dispone: “… Le misure di risposta dell’Unione non superano il livello commisurato al pregiudizio subito dall’Unione o da uno Stato membro a causa delle misure di coercizione economica adottate dal paese terzo, tenuto conto della gravità delle misure del paese terzo e dei diritti in questione…”.