In data 31 gennaio 2022, la Commissione europea ha annunciato[1] l’apertura di un’indagine formale antitrust sulle pratiche di licenza e distribuzione di due imprese operanti nel settore della moda, Pierre Cardin e Ahlers, che potrebbero aver posto in essere accordi restrittivi della concorrenza incompatibili con l’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Pierre Cardin è una famosa casa di moda che concede in licenza il proprio marchio per la fabbricazione e la distribuzione dei prodotti omonimi. Ahlers è un’impresa tedesca ed il maggiore licenziatario dei prodotti Pierre Cardin nello Spazio economico europeo (SEE), ed opera sia al livello della fabbricazione che della distribuzione.
L’indagine è stata avviata sulla base delle risultanze di alcune ispezioni effettuate senza preavviso dalla Commissione in data 22 giugno 2021[2], nei locali di un’impresa tedesca il cui nome non è ancora stato rivelato. L’ispezione si inserisce nella più ampia cornice delle iniziative della Commissione focalizzate sulle restrizioni alle vendite transfrontaliere ed online di prodotti, considerate particolarmente dannose per il mercato unico e per lo sviluppo del commercio elettronico nell’Unione.
La Commissione europea ha concluso che le risultanze dell’ispezione giustificavano l’apertura di un’indagine sugli accordi di licenza e distribuzione tra Pierre Cardin e Ahlers, per verificare se le due imprese abbiano concorso in una strategia finalizzata a limitare le vendite transfrontaliere ed online di prodotti a marchio Pierre Cardin, così ostacolando le importazioni parallele nell’Unione, nonché le vendite di tali prodotti a specifici gruppi di clienti. I prodotti interessati dalle pratiche indagate includono capi di abbigliamento, calzature ed accessori. Al momento, la Commissione non ha fornito ulteriori dettagli sul contenuto degli accordi, né sulle ragioni specifiche sulle quali si fonda il sospetto di violazione dell’articolo 101 del TFUE.
Il comunicato stampa della Commissione evoca la possibilità che gli accordi indagati abbiano introdotto restrizioni ad importazioni parallele, come sottolineato anche dalla commissaria europea per la concorrenza Margrethe Vestager, che in una dichiarazione sull’indagine ha paventato i rischi di frammentazione del mercato unico derivanti dalle restrizioni alle importazioni parallele, e la necessità di prevenire l’instaurarsi di barriere al commercio tra Stati membri.
Come è noto, per importazione parallela si indica una situazione in cui dei prodotti sono importati in uno Stato membro da un altro Stato membro, utilizzando canali differenti dal network di distribuzione ufficiale stabilito dal produttore o licenziante. In attuazione del principio di libera circolazione delle merci nel mercato unico, le restrizioni alle importazioni parallele imposte tramite intese verticali sono di regola vietate, in quanto incompatibili con l’articolo 101 TFUE per i correlati rischi di ripartizione dei mercati nazionali, e sono state tradizionalmente qualificate come restrizioni per oggetto dalla Corte di Giustizia[3]. Tuttavia, delle restrizioni alle importazioni parallele potrebbero, in determinati casi, essere considerate compatibili con l’articolo 101 TFUE, in base ad una esenzione per categoria.[4].
Le restrizioni alle importazioni parallele possono essere di particolare importanza nel settore della moda, ove l’impiego di sistemi di distribuzione selettiva introdotti a tutela dell’immagine della marca sono frequenti, e potrebbero prestarsi ad un utilizzo improprio.
Si attendono gli ulteriori sviluppi dell’indagine, che sarà gestita centralmente dalla Commissione e non già a livello delle autorità di concorrenza nazionali.
[1] Per maggiori informazioni, si legga il comunicato stampa disponibile al seguente LINK.
[2] Per maggiori informazioni, si legga il comunicato stampa disponibile al seguente LINK.
[3] Si veda, come particolarmente significativa, la pronuncia della Corte di Giustizia nelle cause C‑501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline, punto n.59.
[4] Si veda, in particolare, l’articolo 4, lettera b), del Regolamento (UE) N. 330/2010 della Commissione del 20 aprile 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, GUUE L 102 del 23/04/2010.