IMPORTAZIONE PARALLELA DI MEDICINALI. L’AG SZPUNAR SI PRONUNCIA SUL RICONFEZIONAMENTO DEL PRODOTTO CONTRASSEGNATO DAL MARCHIO E SUI DIRITTI DEL TITOLARE DI QUESTO

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In data 13 gennaio 2022, l’Avvocato Generale Szpunar ha presentato le sue Conclusioni nelle Cause riunite C‑147/20, C‑204/20 e C‑224/20, Novartis Pharma GmbH, Bayer Intellectual Property GmbH e Merck Sharp & Dohme BV, sull’interpretazione dell’articolo 47 bis della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano[1], in combinato disposto con il Regolamento delegato (UE) 2016/161 della Commissione, del 2 ottobre 2015, che integra la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio stabilendo norme dettagliate sulle caratteristiche di sicurezza che figurano sull’imballaggio dei medicinali per uso umano[2]. Tali questioni erano state presentate nell’ambito di diverse controversie pendenti tra la Novartis Pharma GmbH (“Novartis”) e la Abacus Medicine A/S (“Abacus”), tra la Bayer Intellectual Property GmbH (“Bayer”) e la kohlpharma GmbH (“kohlpharma”) e tra la Merck Sharp & Dohme BV (“Merck”) e altri e la Abacus, la Paranova Danmark A/S (“Paranova”) e la 2CARE4 ApS (“2CARE4”), dinanzi a diversi tribunali tedeschi e danesi, che contrapponevano i titolari dei marchi su medicinali ai soggetti impegnati nel relativo commercio parallelo riguardo ai metodi di riconfezionamento autorizzati di tali medicinali.

Le Conclusioni dell’AG Szpunar forniscono uno stato dell’arte completo sulle complesse questioni che possono sorgere in tema di commercio parallelo di medicinali che subiscono operazioni di riconfezionamento e/o di rietichettatura, con costante necessità di bilanciamento tra i diritti del titolare del marchio ed il principio di libera circolazione delle merci.

Questi i fatti.

Nella Causa C‑147/20, risultava che per conformarsi alle condizioni previste dalla legge l’Abacus era obbligata ad aprire il confezionamento esterno originale dei medicinali Votrient 400 mg compresse rivestite con film e Votrient 200 mg compresse rivestite con film, sui cui marchi denominativi “Novartis” e “Votrient” la Novartis deteneva dei diritti, nonché a rimuoverne il sistema di prevenzione delle manomissioni ivi presente. Poiché l’Abacus aveva reso noto che, in futuro, non avrebbe più fornito tali medicinali nel loro imballaggio esterno originale sostituendolo con un nuovo imballaggio contenente gli stessi quantitativi, la Novartis si era rivolta al Landgericht Hamburg (Tribunale del Land di Amburgo, il “giudice del rinvio”) chiedendogli di vietare all’Abacus di immettere sul mercato tedesco od ivi pubblicizzare i medicinali controversi riconfezionati ed importati parallelamente. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia quattro questioni pregiudiziali.

Nella Causa C‑204/20, la kohlpharma aveva comunicato alla Bayer la propria intenzione di importare dai Paesi Bassi il medicinale Androcur 50 mg, del cui marchio quest’ultima era titolare, nel formato della confezione da 50 compresse rivestite con film allo scopo di commercializzarlo in Germania nei formati della confezione da 50 e da 100 compresse rivestite con film. Poiché la kohlpharma aveva dichiarato che il sistema di prevenzione delle manomissioni apposto sull’imballaggio esterno del medicinale importato avrebbe dovuto essere rimosso ai fini dell’importazione parallela, rendendone così necessaria la sostituzione, la Bayer a ciò si era opposta, affermando che l’utilizzo di un nuovo imballaggio andrebbe oltre quanto necessario affinché il prodotto importato parallelamente potesse essere commercializzato in Germania. La Bayer si era allora rivolta al Tribunale del Land di Amburgo, che anche in questo caso aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia quattro questioni pregiudiziali.

Nella Causa C‑224/20, infine, la Merck e altre società sostenevano che il diritto dei marchi conferiva loro quello di opporsi al riconfezionamento dei medicinali in nuovi imballaggi esterni, mentre invece la Abacus, la Paranova e la 2CARE4 sostenevano che il riconfezionamento in nuovi imballaggi esterni fosse necessario[3]. Chiamato a pronunciarsi sulla questione, pertanto, il Sø- og Handelsretten (Tribunale marittimo e commerciale della Danimarca; il “giudice del rinvio”) aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia sette questioni pregiudiziali.

Con la prima questione nella Causa C‑204/20 e la seconda questione nella Causa C‑224/20, il Tribunale del Land di Amburgo e ilTribunale marittimo e commerciale danese chiedevano di conoscere se le nuove norme in materia di tutela contro la falsificazione di medicinali, introdotte dalla Direttiva 2011/62[4] e dal Regolamento delegato 2016/161, obblighino i commercianti paralleli, di fatto o di diritto, a privilegiare il riconfezionamento dei medicinali importati parallelamente in nuovi imballaggi piuttosto che l’uso degli imballaggi originali rietichettati.

Più particolarmente, con la prima questione, il Tribunale del Land di Amburgo chiedeva se la caratteristica di sicurezza ai sensi dell’articolo 54, lettera o)[5], della Direttiva 2001/83, nuovamente apposta dal titolare di un’autorizzazione di fabbricazione al momento del riconfezionamento dei medicinali, sia equivalente alla caratteristica originale, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b)[6], di tale direttiva, laddove permette di verificare l’autenticità di tali medicinali, di identificarli e di fornire la prova di una manomissione conformemente ai requisiti che discendono dalla predetta direttiva e dal Regolamento delegato 2016/161. Con la seconda questione pregiudiziale, invece, il Tribunale marittimo e commerciale danese chiedeva se il sistema di prevenzione delle manomissioni, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b)[7], del Regolamento delegato 2016/161, nuovamente apposto dal titolare di un’autorizzazione di fabbricazione al momento del riconfezionamento dei medicinali, sia equivalente al sistema originale, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2001/83, qualora l’imballaggio di cui trattasi mostri, in occasione di una verifica ai sensi degli articoli 16[8], 20[9] o 25[10] di tale regolamento delegato o dopo l’apertura da parte dell’utente finale, segni percepibili che il sistema di prevenzione delle manomissioni originale ha subito una manipolazione.

L’AG ha preliminarmente ricordato che l’espressione “sostitu[ire] le caratteristiche di sicurezza” di cui all’articolo 47 bis della Direttiva 2001/83 non implica la necessità di un nuovo imballaggio; al contrario, qualora il medicinale sia riconfezionato in un nuovo imballaggio, quest’ultimo è dotato di una caratteristica di sicurezza conformemente all’articolo 54, lettera o), della direttiva stessa. Qualora il riconfezionamento sia effettuato in un nuovo imballaggio, pertanto, non si potrebbe parlare di una “sostituzione” della caratteristica di sicurezza, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2001/83, che avviene solo per quanto concerne l’imballaggio originale. Se il legislatore europeo avesse inteso obbligare i titolari dell’autorizzazione di fabbricazione che procedono al riconfezionamento dei medicinali, quali i commercianti paralleli, ad utilizzare nuovi imballaggi, infatti, l’avrebbe espressamente previsto, eliminando dalla catena di approvvigionamento gli imballaggi che sono stati aperti.

Per quanto riguarda la questione dell’equivalenza della nuova caratteristica di sicurezza sostitutiva della caratteristica originale, l’AG ha ricordato che la facoltà, per i commercianti paralleli, di utilizzare gli imballaggi originali ai fini del riconfezionamento dei medicinali dipende dalla possibilità di sostituire la caratteristica di sicurezza originale con una equivalente ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2001/83; di talché, occorre stabilire a quali condizioni una caratteristica di sicurezza possa essere considerata equivalente a quella originale. A tale riguardo, secondo l’AG, per essere equivalente ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2001/83 il sistema di prevenzione delle manomissioni sostitutivo deve presentare una resistenza, un’affidabilità e una qualità identiche a quelle del sistema originale, essendo in pratica dello stesso tipo di quest’ultimo. Di conseguenza, un commerciante parallelo che proceda al riconfezionamento dei medicinali soddisferà i requisiti di cui all’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2001/83 utilizzando l’imballaggio originale laddove, dopo la sua apertura, sia in grado di sostituire il sistema di prevenzione delle manomissioni originale con uno conforme ai suddetti criteri, mentre laddove ciò risulti impossibile egli dovrà necessariamente far ricorso ad un nuovo imballaggio.

Il secondo gruppo di questioni pregiudiziali riguarda l’interrogativo se ed, eventualmente, in che misura, le nuove norme di tutela contro la falsificazione dei medicinali introdotte dalla Direttiva 2011/62 e dal Regolamento delegato 2016/161 modifichino la portata del diritto dei titolari dei marchi di opporsi al riconfezionamento in nuovi imballaggi dei medicinali oggetto di commercio parallelo rispetto alla situazione giuridica risultante dall’attuale giurisprudenza della Corte di Giustizia[11].

Più particolarmente, con le prime tre questioni pregiudiziali nella Causa C‑147/20 il Tribunale del Land di Amburgo chiedeva di conoscere se l’articolo 15 del Regolamento 2017/1001[12] e l’articolo 15 della Direttiva 2015/2436[13] debbano essere interpretati nel senso che il fatto che la sostituzione ad opera di un commerciante parallelo del sistema di prevenzione delle manomissioni di un medicinale, di cui all’articolo 54, lettera o), della Direttiva 2001/83, lasci tracce visibili o rilevabili a seguito di verifica di tale sistema o dopo l’apertura dell’imballaggio da parte del paziente sia sufficiente per ritenere che l’opposizione del titolare del marchio all’eventuale riconfezionamento di tale medicinale in un nuovo imballaggio contribuirebbe all’isolamento artificioso dei mercati fra Stati Membri e, pertanto, sarebbe contraria al principio della libera circolazione delle merci. Con la seconda e la terza questione nella causa C‑204/20, invece, il Tribunale del Land di Amburgo chiedeva se l’articolo 15 della Direttiva 2015/2436 debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio su un medicinale possa opporsi al riconfezionamento di tale medicinale in un nuovo imballaggio nel contesto del commercio parallelo qualora il commerciante parallelo sia in grado di utilizzare l’imballaggio originale sostituendo le caratteristiche di sicurezza conformemente alle disposizioni della Direttiva 2001/83 e del Regolamento delegato 2016/161, inclusa l’ipotesi in cui tale sostituzione lasci tracce visibili o rilevabili a seguito di verifica o dopo l’apertura dell’imballaggio da parte del paziente. Infine, con la prima e la terza questione nella Causa C‑224/20 il Tribunale marittimo e commerciale danese chiedeva se l’articolo 15 del Regolamento 2017/1001 e l’articolo 15 della Direttiva 2015/2436 debbano essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio su un medicinale possa opporsi al suo riconfezionamento in un nuovo imballaggio nel contesto del commercio parallelo, qualora il commerciante parallelo sia in grado di utilizzare l’imballaggio originale sostituendo le caratteristiche di sicurezza conformemente alle disposizioni della Direttiva 2001/83 e del Regolamento delegato 2016/161.

L’AG ha, in primo luogo, ricordato che, nella giurisprudenza della Corte, le condizioni il cui rispetto è necessario affinché il titolare di un marchio non possa opporsi alla commercializzazione di un prodotto contraddistinto dal marchio stesso in assenza della sua autorizzazione riguardavano soltanto i prodotti riconfezionati in un nuovo imballaggio. Tale giurisprudenza trovava la sua ratio nel fatto che il riconoscimento del diritto del commerciante parallelo di ricorrere ad un nuovo imballaggio per commercializzare un prodotto contrassegnato da un marchio senza l’autorizzazione del titolare equivaleva a riconoscergli una facoltà normalmente riservata a quest’ultimo, ossia quella di apporre il marchio sul nuovo imballaggio, con la conseguenza che il riconfezionamento nel un nuovo imballaggio avrebbe condotto ad un’ingerenza più profonda nelle prerogative del titolare del marchio rispetto alla semplice commercializzazione del prodotto nel suo imballaggio originale, anche rietichettato. Secondo l’AG, la Corte non ha  abbandonato il criterio relativo alla necessità del riconfezionamento in un nuovo imballaggio rispetto alla rietichettatura di quello originale, confermando al contrario che il riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione degli imballaggi è oggettivamente necessario se, senza quest’ultimo, l’accesso effettivo al mercato di cui trattasi o ad una parte rilevante di esso deve considerarsi ostacolato a seguito di una forte resistenza da parte di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati[14]. Secondo l’AG, inoltre, sebbene l’applicazione del criterio relativo alla necessità prima del riconfezionamento in generale e poi del nuovo imballaggio possa sembrare un duplicato, se tale condizione è soddisfatta per quanto concerne il nuovo imballaggio lo è automaticamente anche per il riconfezionamento in generale, non occorrendo perciò una verifica separata.

Per quanto riguarda la questione se soltanto il riconfezionamento dei medicinali in nuovi imballaggi permetta di realizzare pienamente gli obiettivi delle nuove norme in materia di tutela contro la falsificazione dei medicinali di cui alla Direttiva 2011/62 e al Regolamento delegato 2016/161, l’AG ha rammentato che, secondo la Corte, ancorché la protezione dei consumatori dai pericoli derivanti dai prodotti farmaceutici difettosi costituisca una legittima esigenza, i provvedimenti necessari a tal fine devo essere adottati nell’ambito della normativa propria del controllo sanitario, e non già eludendo le norme in materia di proprietà industriale; di talché, il titolare del marchio su un prodotto farmaceutico non potrebbe sottrarsi alle norme comunitarie sulla libera circolazione delle merci per controllare la distribuzione del prodotto al fine della protezione dei consumatori contro preparati difettosi[15]. Similmente, gli obiettivi della lotta contro i medicinali falsificati devono essere realizzati mediante specifiche disposizioni adottate a tale scopo nonché garantendone il rispetto lungo l’intera catena di approvvigionamento, e pertanto i titolari dei marchi non possono opporsi al riconfezionamento dei medicinali in nuovi imballaggi per il solo motivo che, a loro avviso, la rietichettatura di quelli originali contribuirebbe meglio al raggiungimento degli obiettivi di tali disposizioni. Ciò vale, mutatis mutandis, anche per i commercianti paralleli, la cui facoltà di ingerenza nei diritti dei titolari dei marchi deve essere valutata alla luce del criterio proprio di tale libertà, ossia l’accesso effettivo al mercato.

Di conseguenza, anche dopo l’entrata in vigore delle nuove norme in materia di tutela contro la falsificazione dei medicinali la giurisprudenza della Corte di Giustizia relativa al diritto dei titolari dei marchi di opporsi alla commercializzazione, con i marchi loro appartenenti, dei prodotti riconfezionati rimane pienamente applicabile, nonostante l’esaurimento del loro diritto di vietare l’uso dei marchi per prodotti immessi sul mercato nell’Unione con il loro consenso. I titolari conservano, pertanto, il diritto di opporsi alla manipolazione costituita da qualsiasi riconfezionamento del prodotto. Tale opposizione, tuttavia, diviene contraria alla libertà di circolazione delle merci allorché siano soddisfatte le condizioni definite dalla Corte nella sua sentenza Bristol-Myers Squibb e a. quali, da un lato, l’esigenza che il riconfezionamento, ivi inclusa la sostituzione dell’imballaggio originale con un nuovo imballaggio, sia necessario per permettere un accesso effettivo al mercato dello Stato membro di importazione e, dall’altro lato, che la presentazione del prodotto riconfezionato non nuoccia alla reputazione del marchio né a quella del suo titolare. Secondo l’AG, pertanto, le nuove norme in materia di tutela contro la falsificazione dei medicinali, introdotte dalla Direttiva 2011/62 e dal Regolamento delegato 2016/161, sono prive di conseguenze, sul piano giuridico, per quanto riguarda l’applicazione di tali condizioni.

Con la quarta questione nella Causa C‑224/20, il Tribunale marittimo e commerciale danese  chiedeva di conoscere se le autorità nazionali incaricate del controllo del mercato farmaceutico possano legittimamente prevedere norme che impongono che i medicinali dotati delle caratteristiche di sicurezza, di cui all’articolo 54, lettera o), della Direttiva 2001/83, provenienti da altri Stati Membri nel contesto del commercio parallelo, in  generale, siano riconfezionati in nuovi imballaggi, mentre la rietichettatura sarebbe   possibile solo in casi eccezionali.

Secondo l’AG, l’argomento in base al quale, per quanto attiene alla tutela dei pazienti contro medicinali falsificati, gli Stati Membri sarebbero legittimati a fissare il livello di tutela che intendono assicurare è inconferente. Poiché, infatti, il legislatore europeo ha esercitato la propria competenza nel settore della lotta contro i medicinali falsificati, in particolare mediante caratteristiche di sicurezza apposte sui medicinali, tale questione è stata sottratta alla competenza degli Stati Membri, che pertanto non dispongono di alcuno spazio legislativo per decidere del livello di tale tutela. Di conseguenza, le norme nazionali che imponessero in ogni caso il riconfezionamento in nuovi imballaggi costituirebbero un ostacolo alla libera circolazione delle merci che necessiterebbe di essere giustificato sulla base dell’articolo 36[16] del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Con la quinta questione nella Causa C‑224/20, il Tribunale marittimo e commerciale danese Danimarca chiedeva se alcune norme emanate da un’autorità di controllo dei medicinali che vietano, in linea di principio, la rietichettatura dei medicinali dotati di caratteristiche di sicurezza, provenienti da altri Stati Membri nel contesto del commercio parallelo, bastino per ritenere che sia soddisfatta, per quanto concerne il riconfezionamento in un nuovo imballaggio, la condizione relativa alla necessità, come definita nella giurisprudenza della Corte relativa al diritto di opposizione dei titolari dei  marchi.

Secondo l’AG, norme come quelle elaborate e applicate dalla Lægemiddelstyrelsen (Agenzia danese per i medicinali)[17] impediscono ai commercianti paralleli di introdurre sul mercato nazionale di cui trattasi medicinali nei loro imballaggi originali rietichettati, di talché, soltanto i medicinali riconfezionati in nuovi imballaggi potrebbero avere accesso a tale mercato. Di conseguenza, l’eventuale opposizione dei titolari dei marchi su tali medicinali al loro riconfezionamento in nuovi imballaggi creerebbe un ostacolo a tale accesso effettivo, e pertanto la condizione relativa alla necessità, come definita nella giurisprudenza della Corte sancita nella sua sentenza Bristol-Myers Squibb e a., deve ritenersi soddisfatta.

Con la quarta questione nella Causa C‑147/20, il Tribunale del Land di Amburgo chiedeva se l’articolo 5, paragrafo 3[18], del Regolamento delegato 2016/161 debba essere interpretato nel senso che il codice a barre contenente l’identificativo univoco, di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera a)[19], di tale regolamento delegato, dev’essere necessariamente stampato direttamente sull’imballaggio, cosicché l’apposizione di tale codice a barre mediante un’etichetta applicata sull’ imballaggio stesso non sarebbe conforme a tale disposizione.

Secondo l’AG, alla luce dell’articolo 47 bis della Direttiva 2001/83 nonché degli articoli 16 e 17[20] del Regolamento delegato 2016/161l’articolo 5, paragrafo 3, di quest’ultimo deve essere interpretato nel senso che permette di stampare il codice a barre contenente l’identificativo univoco non già direttamente sull’imballaggio, e bensì su un’etichetta applicata su di esso. Oltre ad essere conforme ai requisiti di cui agli articoli 5, 6[21] e 17 del Regolamento delegato 2016/161, per contro, tale etichetta deve essere applicata all’imballaggio in modo tale che sia impossibile rimuoverla senza distruggerla e senza rovinare l’imballaggio né lasciare tracce della sua rimozione; di talché, l’identificativo univoco che compare su un’etichetta sarà parte integrante dell’imballaggio e potrà considerarsi stampato “sull’imballaggio”, come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 3, di tale regolamento.

Con la sesta e la settima questione nella Causa C-224/20, infine, Tribunale marittimo e commerciale danese chiedeva se l’articolo 15 del Regolamento 2017/1001 e l’articolo 15 della Direttiva 2015/2436 debbano essere interpretati nel senso che permettono al titolare di un marchio di opporsi alla commercializzazione di un prodotto, nella situazione in cui il commerciante parallelo abbia riconfezionato tale prodotto in un nuovo imballaggio, sul quale ha apposto soltanto taluni dei marchi appartenenti a tale titolare che comparivano sull’imballaggio originale o ha sostituito questi ultimi con altri segni, utilizzando tali marchi unicamente come riferimenti alla denominazione del prodotto e del suo fabbricante.

L’AG ha ricordato che, nella sentenza Portakabin, la Corte di Giustizia ha statuito che quando il rivenditore rimuove senza il consenso del titolare un marchio apposto sui prodotti (c.d. smarchiatura) e lo sostituisce con un’etichetta recante il proprio nome, di modo che il marchio del fabbricante venga interamente occultato, tale titolare ha il diritto di opporsi a che il rivenditore utilizzi il marchio stesso per promuovere la rivendita[22]. Similmente, qualora un commerciante parallelo sostituisca con altri segni i marchi originali sull’imballaggio esterno di un prodotto, lasciando apparire tali marchi, come riferimenti alla denominazione originale del prodotto e del suo fabbricante, oppure sull’imballaggio primario, sussiste un rischio di pregiudizio per la funzione essenziale del marchio consistente nell’indicare e nel garantire l’origine del prodotto; ciò che si verifica qualora, come nel caso di specie, i segni contengano la denominazione sociale del commerciante parallelo.

Di conseguenza, secondo l’AG, le condizioni in presenza delle quali il titolare dei marchi non può opporsi all’uso di questi ultimi non saranno applicabili in una simile ipotesi, in quanto esse presuppongono che i marchi appartenenti al fabbricante originale del medicinale siano apposti sul nuovo imballaggio dopo il riconfezionamento; per contro, l’esistenza di un simile rischio giustificherebbe deroghe al principio fondamentale della libera circolazione delle merci, ossia l’applicazione, nel contesto del commercio parallelo fra Stati Membri, dell’articolo 15, paragrafo 2, del Regolamento 2017/1001 e dell’articolo 15, paragrafo 2, della Direttiva 2015/2436. In assenza di un simile rischio per la garanzia di provenienza del prodotto, pertanto, il fatto che il commerciante parallelo, dopo il riconfezionamento di un prodotto, non apponga sul nuovo imballaggio tutti i marchi che comparivano sull’imballaggio originale, o che vi apponga altri segni, deve essere valutato unicamente con riferimento alla necessità che la presentazione del prodotto riconfezionato non sia idonea a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare.

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[1] GUUE L 311 del 28.11.2001.

[2] GUUE L 32 del 09.02.20016.

[3] Prima della loro immissione sul mercato danese, i medicinali importati parallelamente sono riconfezionati in nuovi imballaggi esterni, in taluni casi con nuova apposizione dei marchi della Merck e delle altre società e, in altri casi, senza una nuova apposizione di tali marchi, che sono allora sostituiti con nuovi nomi di prodotti, mentre il foglietto illustrativo indica tuttavia che i medicinali di cui trattasi corrispondono a quelli venduti dalle ricorrenti con i loro rispettivi marchi.

[4] Direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale, GUUE L 174 del 01.07.2011.

[5] L’articolo 54 della Direttiva 2001/83 alla lettera o) dispone: “… L’imballaggio esterno o, in mancanza dello stesso, il confezionamento primario dei medicinali reca le indicazioni seguenti:

(…)

o) per i medicinali diversi dai radiofarmaci di cui all’articolo 54 bis, paragrafo 1, le caratteristiche di sicurezza che consentano ai distributori all’ingrosso e ai soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico di:

– verificare l’autenticità del medicinale, e

– identificare le singole confezioni,

nonché un dispositivo che consenta di verificare se l’imballaggio esterno sia stato manomesso…”.

[6] L’articolo 47 bis della Direttiva 2001/83 al paragrafo 1 lettera b) dispone: “Le caratteristiche di sicurezza di cui all’articolo 54, lettera o), non sono rimosse od occultate, completamente o parzialmente, salvo che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

(…)

b)  il titolare dell’autorizzazione di fabbricazione si conforma all’articolo 54, lettera o), sostituendo tali caratteristiche di sicurezza con caratteristiche di sicurezza equivalenti per quanto concerne la possibilità di verificare l’autenticità, l’identificazione e di fornire la prova della manomissione del medicinale. Tale sostituzione è effettuata senza aprire il confezionamento primario quale definito all’articolo 1, punto 23.

Le caratteristiche di sicurezza si considerano equivalenti se:

i) sono conformi ai requisiti stabiliti negli atti delegati adottati ai sensi dell’articolo 54 bis, paragrafo 2; e
ii) sono parimenti efficaci per consentire la verifica di autenticità e l’identificazione del medicinale, nonché per fornire la prova della manomissione del medicinale…”.

[7] L’articolo 3 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Definizioni”, al paragrafo 2 lettera b) dispone: “… Si intende per:

(…)

b) «sistema di prevenzione delle manomissioni»: le caratteristiche di sicurezza che consentono di verificare se l’imballaggio di un medicinale è stato oggetto di manomissione…”.

[8] L’articolo 16 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Verifiche da effettuare prima di rimuovere o sostituire le caratteristiche di sicurezza”, dispone: “Prima di rimuovere o occultare, completamente o parzialmente, le caratteristiche di sicurezza a norma dell’articolo 47 bis della direttiva 2001/83/CE, il fabbricante verifica quanto segue:

a) l’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni;
b) l’autenticità dell’identificativo univoco e lo disattiva se è sostituito.

I fabbricanti che dispongono sia di un’autorizzazione alla fabbricazione in conformità all’articolo 40 della direttiva 2001/83/CE sia di un’autorizzazione alla fabbricazione o all’importazione di medicinali sperimentali nell’Unione di cui all’articolo 61 del regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio verificano le caratteristiche di sicurezza e disattivano l’identificativo univoco che figura sulla confezione di un medicinale prima di riconfezionarlo o rietichettarlo al fine di utilizzarlo come medicinale sperimentale autorizzato o medicinale ausiliario autorizzato…”.

[9] L’articolo 20 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Verifica dell’autenticità dell’identificativo univoco da parte dei grossisti”, dispone: “I grossisti verificano l’autenticità dell’identificativo univoco almeno dei seguenti medicinali che si trovano in loro possesso materiale:

a) i medicinali restituiti da soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico o da un altro grossista;
b) i medicinali ricevuti da un grossista che non sia né il fabbricante né il grossista che dispone dell’autorizzazione all’immissione in commercio, né un grossista designato dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, mediante un contratto scritto, per conservare e distribuire per suo conto i prodotti oggetto della sua autorizzazione all’immissione in commercio…”.

[10] L’articolo 25 del Regolamento delegato 2016/16, intitolato “Obblighi dei soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico”, dispone: “I soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico verificano le caratteristiche di sicurezza e disattivano l’identificativo univoco dei medicinali da fornire al pubblico che presentano le caratteristiche di sicurezza al momento della fornitura dei prodotti al pubblico.

In deroga al paragrafo 1, i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico che esercitano la propria attività all’interno di una struttura sanitaria possono effettuare la verifica e la disattivazione in qualsiasi momento in cui il medicinale si trova in possesso materiale della struttura sanitaria, purché tra la consegna del prodotto presso la struttura sanitaria e la fornitura al pubblico non avvenga nessuna vendita del medicinale.

Al fine di verificare l’autenticità dell’identificativo univoco di un medicinale e di disattivarlo, i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico si collegano al sistema di archivi di cui all’articolo 31 attraverso l’archivio nazionale o sovranazionale utilizzato sul territorio dello Stato membro nel quale sono autorizzati o legittimati.

Essi verificano inoltre le caratteristiche di sicurezza e disattivano l’identificativo univoco dei seguenti medicinali che presentano le caratteristiche di sicurezza:

a) i medicinali in loro possesso materiale che non possono essere restituiti ai grossisti o ai fabbricanti,
b) i medicinali che, pur restando in loro possesso materiale, sono richiesti a titolo di campioni dalle autorità competenti conformemente alla legislazione nazionale;
c) i medicinali che essi forniscono al fine di un successivo impiego come medicinali sperimentali autorizzati e medicinali ausiliari autorizzati a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, punti 9 e 10, del regolamento (UE) n. 536/2014…”.

[11] CGUE 26.04.2007, Causa C-348/04, Boehringer Ingelheim KG e altri contro Swingward Ltd e Dowelhurst Ltd, punti 28-31; CGUE 11.07.1996, Cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a., punti 40-41, 52-56 e 76-77; CGUE 23.05.1978, Causa 102/77, Hoffmann-La Roche & Co. AG contro Centrafarm Vertriebsgesellschaft Pharmazeutischer Erzeugnisse mbH, punti 9-11; CGUE 31.10.1974, Causa 16/74,Centrafarm BV ed Adriaan de Peijper contro Winthrop BV.

[12] Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea, GUUE L 154 del 16.06.2017. L’ articolo 15 del Regolamento, intitolato “Esaurimento del diritto conferito dal marchio UE”, dispone: “Il diritto conferito dal marchio UE non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nello Spazio economico europeo con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga alla successiva immissione in commercio dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio…”.

[13] Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, GUUE L 336 del 23.12.2015. L’articolo 15 della Direttiva, intitolato “Esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d’impresa”, dispone: “Un marchio d’impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietarne l’uso per prodotti immessi in commercio nell’Unione con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio…”.

[14] CGUE 23.04.2002, Causa C-143/00, Boehringer Ingelheim e altri.

[15] CGUE 31.10.1974, Causa 16/74, Centrafarm BV ed Adriaan de Peijper contro Winthrop BV, punti 20-22.

[16] L’articolo 36 TFUE dispone: “… Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri…”.

[17] Si veda il punto 49 delle Conclusioni.

[18] L’articolo 5 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Supporto dell’identificativo univoco”, al paragrafo 3 dispone: “I fabbricanti stampano il codice a barre su una superficie dell’imballaggio liscia, uniforme e poco riflettente…”.

[19] L’articolo 3 del Regolamento delegato 2016/161 al paragrafo 2 lettera a) dispone: “… Si intende per:

a) «identificativo univoco»: le caratteristiche di sicurezza che consentono la verifica dell’autenticità e l’identificazione di una singola confezione di un medicinale…”.

[20] L’articolo 17 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Identificativo univoco equivalente”, dispone: “Quando appone un identificativo univoco equivalente al fine di conformarsi all’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83/CE, il fabbricante verifica che la struttura e la composizione dell’identificativo univoco apposto sull’imballaggio sia conforme, per quanto riguarda il codice del prodotto e il numero di rimborso nazionale o un altro numero nazionale che identifica il medicinale, alle prescrizioni dello Stato membro in cui il medicinale è destinato ad essere immesso sul mercato, in modo da permettere la verifica dell’autenticità di tale identificativo univoco e la sua disattivazione…”.

[21] L’articolo 6 del Regolamento delegato 2016/161, intitolato “Qualità della stampa del codice a barre bidimensionale”, al paragrafo 1 dispone: “I fabbricanti valutano la qualità della stampa del codice Data Matrix esaminando almeno i seguenti parametri:

a) il contrasto tra le parti chiare e le parti scure;
b) l’uniformità del fattore di riflessione delle parti chiare e delle parti scure;
c) la non uniformità assiale;
d) la non uniformità della griglia;
e) il tasso di correzione di errori non utilizzato;
f) il danno del modello fisso;
g) la capacità dell’algoritmo di decodifica di riferimento di decodificare il codice Data Matrix…”.

[22] CGUE 08.07.2010, Causa C-558/08, Portakabin Ltd e Portakabin BV contro Primakabin BV, punto 86.