DUE DILIGENCE E SOSTENIBILITÀ. LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE PER UN COMPORTAMENTO RESPONSABILE DA PARTE DELLE IMPRESE

marketude Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia, Sostenibilità

In data 23 febbraio 2022, la Commissione ha adottato una proposta di Direttiva[1] sul dovere di diligenza che incombe alle imprese (due diligence) ai fini della sostenibilità, che mira a promuovere un comportamento responsabile lungo tutte le catene di approvvigionamento.

La proposta trova la sua ratio nel fatto che, sebbene le imprese europee siano leader mondiali in termini di risultati di sostenibilità e si impegnino a rispettare i diritti umani e a ridurre il proprio impatto sul pianeta, l’integrazione della sostenibilità nei processi di governance procede invece a rilento. Benché, infatti, molte di esse stiano già mettendo in atto strumenti di sostenibilità aziendale[2], quando le imprese intraprendono politiche volontarie tendono a concentrarsi sulle fasi più vicine della filiera, mentre i diritti umani e l’ambiente possono venire pregiudicati con maggior frequenza o più a monte, o più a valle nella catena del valore.

Muovendo da questa premessa, sulla base dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani[3] e delle linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Co-operation and Development, OECD)[4], la proposta intende garantire che l’Unione agisca sulla scena internazionale nel pieno rispetto dei suoi impegni in materia di protezione dei diritti umani e promozione dello sviluppo sostenibile, nonché nel rispetto delle norme del commercio internazionale, introducendo un dovere di diligenza generalizzato per le imprese che, nelle loro operazioni, tramite le loro controllate e nelle catene del valore, avranno l’obbligo di individuare, evitare, far cessare, attenuare e dar conto degli effetti negativi delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente.

La Direttiva stabilisce in primo luogo che le nuove norme si applicheranno tanto alle imprese europee che a quelle di Stati terzi attive nell’Unione (con soglie di fatturato ivi generato comparabili). Più particolarmente, rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva, da un lato, tutte le società europee di capitali con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale che supera i 150 milioni di euro (c.d. “società del gruppo 1”) e, dall’altro, le altre società di capitali che operano in determinati settori a impatto elevato[5] e che, pur non raggiungendo le soglie, contano più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale pari o superiore a 40 milioni di euro (c.d. “società del gruppo 2”)[6].

Le piccole e medie imprese (Small and Medium entreprises, SMEs) non rientrano direttamente nel campo di applicazione della proposta, anche se potrebbero essere indirettamente esposte ai suoi effetti a causa delle ripercussioni che l’operato delle grandi imprese produrrà nelle catene del valore. Di conseguenza, la Direttiva, da un lato, prevede un sostegno specifico sotto forma di orientamenti e altri strumenti che le aiutino ad integrare gradualmente aspetti di sostenibilità nelle loro attività e, dall’altro, incoraggia gli Stati Membri a fornire alle SMEs ulteriore sostegno tecnico e/o finanziario per facilitarne l’adattamento[7].

In secondo luogo, la Direttiva impone agli Stati Membri di garantire che le imprese in effetti svolgano la prescritta due diligence in materia di diritti umani e ambiente. Più particolarmente, esse dovranno, tra le altre cose, i) integrare la due diligence in tutte le loro politiche aziendali ed introdurne una specifica, da aggiornare annualmente, che includa una descrizione dell’approccio seguito, un codice di condotta cui i dipendenti e le società controllate dovranno attenersi e le relative misure di implementazione[8], ii) adottare misure adeguate per identificare gli effetti negativi reali e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente nell’ambito delle loro attività, di quelle delle loro controllate e delle loro relazioni lungo tutta la catena del valore[9], iii) adottare misure adeguate per prevenire[10] e porre fine[11] agli effetti negativi potenziali o effettivi che hanno identificato o che avrebbero potuto identificare, iv) garantire ai soggetti interessati, alle organizzazioni che rappresentano i lavoratori e alla società civile la possibilità di presentare reclami in caso di legittime preoccupazioni in merito ai suddetti effetti negativi reali e potenziali[12], e v) valutare periodicamente l’attuazione delle loro misure di due diligence al fine di verificare che i loro effetti siano adeguatamente identificati e che siano state adottate le misure preventive o correttive necessarie[13]. La Direttiva, inoltre, impone alle società del gruppo 1 di adottare un piano per garantire che il modello di business e la strategia adottati siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con l’obiettivo di limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C in linea con l’Accordo di Parigi[14].

In terzo luogo, la Direttiva impone agli Stati Membri di designare una o più autorità di vigilanza nazionali al fine di garantire il rispetto degli obblighi di due diligence da parte delle imprese[15], e di assicurarsi che le stesse dispongano di poteri e risorse adeguati per svolgere i compiti loro assegnati. A tale riguardo, le autorità di vigilanza potranno avviare indagini d’ufficio o a seguito delle preoccupazioni espresse da parte dei soggetti interessati, svolgere ispezioni, ordinare la cessazione delle violazioni delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della Direttiva, imporre sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate[16] nonché adottare misure provvisorie per evitare il rischio di danni gravi e irreparabili[17]. Gli Stati Membri, inoltre, dovranno garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia motivo di ritenere, sulla base di circostanze oggettive, che un’impresa non rispetti adeguatamente le disposizioni della direttiva abbia il diritto, da un lato, di esporre le proprie preoccupazioni alle autorità di vigilanza e, dall’altro, di adire un tribunale o un altro organismo pubblico indipendente ed imparziale che sia competente a verificare la legittimità delle decisioni, degli atti o delle omissioni delle autorità stesse[18]. I rappresentanti delle autorità nazionali di vigilanza formeranno la Rete europea delle autorità di vigilanza (European Network of Supervisory Authorities), con l’obiettivo di facilitare e garantire il coordinamento e l’allineamento delle pratiche regolatorie, investigative, sanzionatorie e di vigilanza nonché la condivisione delle informazioni[19].

La Direttiva, infine, introduce alcuni obblighi per gli amministratori delle imprese europee che rientrano nel suo campo di applicazione, imponendo loro di i) integrare il dovere di diligenza nella strategia aziendale, istituire i relativi processi e controllare che siano attuati, e ii) tenere conto, quando agiscono nell’interesse dell’impresa, delle conseguenze delle loro decisioni in termini di diritti umani, clima e ambiente e dei probabili effetti a lungo termine di qualsiasi decisione[20].

La Direttiva, pertanto, comporterà diversi benefici a medio e lungo termine sia per i cittadini che per le imprese. Da un lato, i primi saranno più consapevoli dell’impatto dei prodotti che acquistano e dei servizi che utilizzano, e potranno beneficiare di maggior trasparenza, affidabilità e consapevolezza della tutela dei diritti umani in relazione ai prodotti e ai servizi acquistati. Dall’altro lato, le imprese avranno una visione più chiara delle loro attività e delle loro filiere (ivi compresa una maggiore consapevolezza degli effetti negativi da esse causati) e saranno in grado di individuare tempestivamente i problemi e i rischi, generando così rendimenti più alti ed aumentando la propria resilienza. 

La proposta dovrà ora essere presentata al Parlamento europeo e al Consiglio. Dopodiché, una volta adottata, gli Stati Membri avranno due anni di tempo per recepire la Direttiva nel diritto nazionale e comunicare i testi pertinenti alla Commissione. In ogni caso, per le società del gruppo 2 le nuove norme inizieranno ad applicarsi due anni dopo rispetto a quelle del gruppo 1.

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[1] Com. Comm. COM(2022) 77 final del 23.02.2022, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937.

[2] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[3] Disponibili al seguente LINK.

[4] Disponibili al seguente LINK.

[5] Quali, tra gli altri, quello della manifattura tessile, quello agricolo e quello dell’estrazione di risorse minerarie.

[6] Si veda l’articolo 2 della Direttiva.

[7] Si veda il considerando (34) della Direttiva.

[8] Si veda l’articolo 5 della Direttiva.

[9] Si veda l’articolo 6 della Direttiva.

[10] Si veda l’articolo 7 della Direttiva.

[11] Si veda l’articolo 8 della Direttiva.

[12] Si veda l’articolo 9 della Direttiva.

[13] Si veda l’articolo 10 della Direttiva.

[14] Si veda l’articolo 15 della Direttiva.

[15] Si veda l’articolo 17 della Direttiva.

[16] Si veda l’articolo 20 della Direttiva.

[17] Si veda l’articolo 18 della Direttiva.

[18] Si veda l’articolo 19 della Direttiva.

[19] Si veda l’articolo 21 della Direttiva.

[20] Si veda l’articolo 25 della Direttiva.