CASO BANK MELLI IRAN/TELEKOM DEUTSCHLAND. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SUGLI EFFETTI EXTRATERRITORIALI DERIVANTI DA SANZIONI COMMERCIALI ADOTTATE DA UNO STATO TERZO

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 21 dicembre 2021 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-124/20, Bank Melli Iran c. Telekom Deutschland GmbH, sull’interpretazione dell’articolo 5 del Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un Paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia pendente in Germania tra la Bank Melli Iran (“BMI”) e la Telekom Deutschland GmbH (“Telekom”) in merito alla validità della risoluzione dei contratti conclusi tra di loro riguardanti la fornitura di servizi di telecomunicazione da parte della Telekom dopo l’inserimento della BMI in un elenco di persone interessate da un regime di sanzioni commerciali istituito dagli Stati Uniti.

Nell’ambito dei diversi contratti[2] tra di loro in essere, la Telekom[3] aveva fornito alla BMI[4] vari servizi, essenziali per la comunicazione interna ed esterna di quest’ultima in Germania. Essendosi ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano[5], a partire dal 5 novembre 2018 gli Stati Uniti avevano proibito alle persone di cui ad un elenco di soggetti specificamente designati e di “persone i cui attivi sono congelati” (Specially Designated Nationals and Blocked Persons List, SDN), nel quale figurava anche la BMI, di intrattenere, al di fuori del territorio statunitense, rapporti commerciali con una persona o entità inserita nell’elenco stesso. In data 16 novembre 2018, ritenendosi potenzialmente interessata dal divieto, la Telekom aveva notificato alla BMI la risoluzione di tutti i suoi contratti con lei in corso, con effetto immediato, procedendo allo stesso modo con almeno altre quattro società aventi legami con l’Iran, inserite nell’elenco SDN e con sede in Germania.

Con sentenza del 28 novembre 2018, il Landgericht Hamburg (Tribunale del Land Amburgo) aveva disposto che la Telekom desse esecuzione ai contratti in corso fino alla scadenza dei termini di risoluzione ordinaria ivi previsti, scadenti tra il 25 gennaio 2019 e il 7 gennaio 2021. In data 11 dicembre 2018, la Telekom aveva nuovamente notificato alla BMI la risoluzione di tutti i suddetti contratti a partire dalla prima data utile e senza alcuna motivazione. La BMI aveva proposto un nuovo giudizio dinanzi al Landgericht Hamburg, che aveva condannato la Telekom a dare esecuzione ai contratti in questione fino alla scadenza dei termini di risoluzione ordinari respingendo la domanda quanto al resto. La BMI aveva allora interposto appello dinanzi all’Hanseatisches Oberlandesgericht Hamburg (Tribunale superiore del Land Amburgo; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia quattro questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio domandava di conoscere se l’articolo 5, primo comma[6], del Regolamento n. 2271/96 debba essere interpretato nel senso che esso vieta alle persone di cui all’articolo 11[7] dello stesso di conformarsi a richieste o divieti previsti dagli atti normativi ivi elencati, anche in assenza di istruzioni delle autorità amministrative o giudiziarie dei Paesi terzi che hanno adottato tali atti normativi dirette a garantirne il rispetto.

La Corte ha preliminarmente rilevato che l’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96 si applica anche in assenza di richieste o di istruzioni di un’autorità amministrativa o giudiziaria, in quanto una richiesta o un divieto può, secondo il significato corrente di tali termini, derivare non solo da un atto di carattere individuale o da un insieme di decisioni individuali, e bensì anche da un atto di carattere generale ed astratto.

Tale interpretazione è altresì suffragata dagli obiettivi del Regolamento, il quale mira, in particolare, a proteggere l’ordinamento e gli interessi dell’Unione e quelli delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), al fine di conseguire, nella maggiore misura possibile, l’obiettivo della libera circolazione di capitali tra gli Stati Membri e i Paesi terzi. Gli atti normativi elencati possono infatti produrre i loro effetti mediante la semplice evenienza delle conseguenze giuridiche che potrebbero insorgere in caso di loro inosservanza da parte delle persone di cui all’articolo 11 del Regolamento n. 2271/96; di talché quest’ultimo non sarebbe idoneo a neutralizzare gli effetti di tali atti se il divieto enunciato all’articolo 5, primo comma, fosse subordinato all’adozione di istruzioni da parte delle autorità dei Paesi terzi in questione.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che una persona di cui all’articolo 11 dello stesso, priva di autorizzazione, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma[8], possa risolvere dei contratti conclusi con una persona inserita nell’elenco SDN, senza corredare di motivazione tale decisione.

Secondo la Corte, né dall’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96 né da qualsiasi altra sua disposizione risulta che una persona di cui all’articolo 11 debba corredare di una motivazione la propria decisione di risolvere un contratto commerciale con una persona inserita nell’elenco SDN. Pertanto, l’articolo in questione non osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale una persona di cui all’articolo 11, priva di autorizzazione ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 5, può risolvere i contratti che ha concluso con una persona inserita nell’elenco SDN, anche senza motivazione. Al fine di garantire la piena efficacia dell’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96, tuttavia, qualora nell’ambito di un giudizio civile relativo all’asserita violazione dei requisiti ivi previsti tutti gli elementi di prova a disposizione del giudice nazionale tendano ad indicare prima facie che, con la risoluzione dei contratti in questione, una persona di cui all’articolo 11 del regolamento, priva di autorizzazione a tal fine, si è conformata gli atti normativi elencati, spetta a quest’ultima dimostrare adeguatamente che la sua condotta non era finalizzata alla volontà di conformarsi.

Con le questioni terza e quarta, infine, il giudice del rinvio chiedeva se il Regolamento n. 2271/96, in particolare i suoi articoli 5 e 9[9], letti alla luce degli articoli 16[10] e 52[11] della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che sia annullata la risoluzione di contratti, effettuata da una persona di cui all’articolo 11 di tale regolamento per conformarsi alle richieste o ai divieti derivanti dagli atti normativi elencati, quando essa non disponga di un’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, e qualora vi sia il rischio che detta persona subisca perdite economiche rilevanti a causa di tale annullamento.

La Corte ha preliminarmente ricordato che, sebbene siano competenti per decidere in materia di politica commerciale le misure e le sanzioni ritenute  appropriate, gli Stati Membri sono tuttavia tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali[12] e ad assicurare che la severità delle misure e delle sanzioni sia adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono, garantendone l’ effetto dissuasivo nel rispetto del principio di proporzionalità[13].

Nel caso concreto, qualora si accertasse che la risoluzione ordinaria da parte della Telekom dei contratti da essa conclusi con la BMI era stata effettuata in violazione dell’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96, essendo pacifico che essa non aveva richiesto alcuna autorizzazione ai sensi del secondo comma di tale articolo, l’atto di risoluzione in questione sarebbe nullo e di conseguenza inefficace[14]. Ciò, tuttavia, comporta una limitazione della libertà d’impresa di cui all’articolo 16 della Carta. Benché la tutela conferita da tale articolo implichi la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale, la libertà contrattuale e la libera concorrenza[15], in particolare, con riferimento alla libera scelta della controparte e alla libertà di determinare il corrispettivo delle prestazioni[16], la libertà d’impresa non costituisce una prerogativa assoluta, dovendo al contrario essere, da un lato, valutata rispetto alla sua funzione nella società[17] e, dall’altro, sottoposta ad una ponderazione con gli altri interessi tutelati dall’ordinamento dell’Unione[18] nonché con i diritti e le libertà altrui[19]. Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, inoltre, qualsiasi limitazione all’esercizio dei diritti e delle libertà ivi riconosciuti deve essere prevista per legge, deve rispettarne il contenuto essenziale e deve, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere necessaria e rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui[20].

Nel valutare se possa insorgere un grave danno agli interessi protetti ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del Regolamento n. 2271/96, la Commissione è tenuta a considerare criteri non cumulativi come la probabilità che l’interesse protetto sia specificamente a rischio, tenendo conto, tra le altre cose, del contesto, della natura e dell’origine del pregiudizio all’interesse protetto, l’esistenza di un legame effettivo con il Paese terzo all’origine dell’atto normativo extraterritoriale o delle azioni successive, l’effetto negativo sulle attività economiche nonché la probabilità che il godimento dei diritti individuali da parte di una persona di cui all’articolo 11 del Regolamento n. 2271/96 sia ostacolato in maniera rilevante.

Nello specifico, secondo la Corte, il rispetto del contenuto essenziale della libertà d’impresa è potenzialmente pregiudicato, in particolare, quando un’impresa viene privata della facoltà di far valere efficacemente i propri interessi di fonte contrattuale[21]. Nel caso concreto, tuttavia, annullare la risoluzione dei contratti in questione a causa della violazione dell’articolo 5 del Regolamento n. 2271/96 avrebbe l’effetto non già di privare la Telekom della facoltà di far valere i propri interessi in generale nell’ambito di un rapporto contrattuale, e bensì di limitare tale facoltà in quanto l’annullamento è giustificato solo nei limiti in cui la Telekom abbia proceduto alla suddetta risoluzione al fine di conformarsi agli atti normativi elencati.

Anche la condizione secondo cui la limitazione della libertà d’impresa deve rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui risulta soddisfatta, in quanto l’annullamento di una risoluzione contrattuale come quella del caso concreto contribuisce agli obiettivi del Regolamento n. 2271/96.

Infine, poiché l’attività economica della Telekom al di fuori dell’Unione è esposta alle sanzioni previste dagli Stati Uniti nei confronti delle persone che non ottemperino alle sanzioni secondarie adottate contro l’Iran, secondo la Corte spetta al giudice del rinvio valutare se tali prime sanzioni possano comportare effetti sproporzionati per la suddetta impresa alla luce degli obiettivi del Regolamento n. 2271/96 diretti a proteggere l’ordinamento giuridico costituito e gli interessi dell’Unione in generale, e quindi a conseguire l’obiettivo della libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri e i Paesi terzi. A tale proposito, benché la limitazione della libertà d’impresa risultante dall’eventuale annullamento della risoluzione di un contratto contraria al divieto previsto all’articolo 5, primo comma, del Regolamento n. 2271/96 risulti necessaria per neutralizzare gli effetti degli atti normativi elencati, spetterà al giudice del rinvio effettuare una ponderazione tra il perseguimento degli obiettivi del Regolamento n. 2271/96, realizzato mediante l’annullamento di una risoluzione contraria al divieto di cui all’articolo 5, primo comma e la probabilità che la Telekom sia esposta ad ingiustificate perdite economiche.

Alla luce di quanto rammentato, la Corte di Giustizia ha statuito che:

L’articolo 5, primo comma, del regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio, del 22 novembre 1996, relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti, come modificato dal regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014, nonché dal regolamento delegato (UE) 2018/1100 della Commissione, del 6 giugno 2018, che modifica l’allegato del regolamento n. 2271/96, deve essere interpretato nel senso che esso vieta alle persone di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96, come modificato, di rispettare richieste o divieti previsti dagli atti normativi indicati nell’allegato di tale regolamento, anche in assenza di istruzioni delle autorità amministrative o giudiziarie dei paesi terzi che hanno adottato tali atti normativi e dirette a garantirne il rispetto.

L’articolo 5, primo comma, del regolamento n. 2271/96, come modificato dal regolamento n. 37/2014 e dal regolamento delegato 2018/1100, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che una persona di cui all’articolo 11 di tale regolamento, come modificato, priva di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, di detto regolamento, come modificato, possa risolvere i contratti conclusi con una persona inserita nell’«elenco dei cittadini specificamente designati e delle persone i cui attivi sono congelati» (Specially Designated Nationals and Blocked Persons List), senza corredare di motivazione siffatta risoluzione. Tuttavia, l’articolo 5, primo comma, del medesimo regolamento, come modificato, richiede che, nell’ambito di un giudizio civile vertente sull’asserita violazione del divieto previsto da tale disposizione, qualora tutti gli elementi di prova a disposizione del giudice nazionale tendano a indicare prima facie che una persona di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96, come modificato, senza disporre di un’autorizzazione a tal fine, ha rispettato gli atti normativi indicati nell’allegato di tale regolamento, come modificato, spetti a questa stessa persona dimostrare in modo giuridicamente sufficiente che il suo comportamento non era finalizzato al rispetto di detti atti normativi.

Il regolamento n. 2271/96, come modificato dal regolamento n. 37/2014 e dal regolamento delegato 2018/1100, in particolare i suoi articoli 5 e 9, letto alla luce dell’articolo 16 e dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che sia annullata la risoluzione dei contratti effettuata da una persona di cui all’articolo 11 di tale regolamento, come modificato, per rispettare richieste o divieti derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato di detto regolamento, come modificato, quando tale persona non dispone di un’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del medesimo regolamento, come modificato, purché tale annullamento non comporti per la suddetta persona effetti sproporzionati rispetto agli obiettivi del regolamento n. 2271/96, come modificato, consistenti nella protezione dell’ordinamento giuridico costituito e degli interessi dell’Unione europea in generale. In tale esame della proporzionalità deve essere effettuata una ponderazione tra il perseguimento di tali obiettivi, realizzato mediante l’annullamento della risoluzione contrattuale contraria al divieto di cui all’articolo 5, primo comma, di tale regolamento, come modificato, e la probabilità che la persona interessata sia esposta a perdite economiche nonché l’entità di queste ultime nel caso in cui la suddetta persona non possa porre fine ai suoi rapporti commerciali con una persona inserita nell’elenco delle persone colpite dalle sanzioni secondarie di cui trattasi derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato di detto regolamento, come modificato”.

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[1] GUUE L 309 del 29.11.1996.

[2] La Telekom e la BMI erano vincolate da un contratto quadro che autorizzava quest’ultima a raggruppare, nell’ambito di uno stesso contratto, tutte le connessioni telefoniche e internet relative alla propria attività di impresa nelle sue diverse ubicazioni in Germania.

[3] La Telekom è una consociata della Deutsche Telekom AG la cui sede si trova in Germania e il cui fatturato proviene per circa la metà dalla sua attività negli Stati Uniti.

[4] La BMI è una banca iraniana di proprietà dello Stato iraniano.

[5] Firmato a Vienna il 14 luglio 2015, l’accordo ha lo scopo di controllare il programma nucleare iraniano e di eliminare le sanzioni economiche che interessavano l’Iran.

[6] L’articolo 5 del Regolamento n. 2271/96 al paragrafo 1 dispone: “Nessuna delle persone di cui all’articolo 11 deve rispettare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stranieri, basate o derivanti, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell’allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti…”.

[7] L’articolo 11 del Regolamento n. 2271/96 dispone: “Il presente regolamento si applica a:

1) qualsiasi persona fisica residente nella Comunità e che ha la cittadinanza di uno Stato membro,

2) qualsiasi persona giuridica registrata nella Comunità,

3) qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all’articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 4055/86,

4) qualsiasi altra persona fisica residente nella Comunità, fatto salvo il caso in cui tale persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza,

5) qualsiasi altra persona fisica nel territorio della Comunità, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o nave soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell’esercizio della sua attività professionale…”.

[8] L’articolo 5 del Regolamento n. 2271/96 al paragrafo 2 dispone: “Conformemente alle procedure di cui agli articoli 7 e 8, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, le norme contestate se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. I criteri di applicazione della presente disposizione sono fissati secondo la procedura di cui all’articolo 8. Qualora sussistano prove sufficienti che l’inosservanza causerebbe gravi danni ad una persona fisica o giuridica, la Commissione sottopone senza indugio al comitato di cui all’articolo 8 un progetto delle misure adeguate da adottare a norma del presente regolamento…”.

[9] L’articolo 9 del Regolamento n. 2271/96 dispone: “Ciascuno Stato membro decide le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive…”.

[10] L’articolo 16 della Carta, intitolato “Libertà d’impresa”, dispone: “È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali…”.

[11] L’articolo 52 della Carta, intitolato “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”, dispone. “Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui…”.

[12] CGUE 11.02.2021, Causa C‑77/20, K.M. (Sanzioni inflitte al comandante di un peschereccio), punto 36.

[13] CGUE 05.03.2020, Causa C‑679/18, OPR-Finance, punto 26.

[14] L’articolo 134 del codice civile tedesco dispone: “… Qualsiasi atto giuridico contrario ad un divieto disposto per legge è nullo salvo che la legge non disponga diversamente…”.

[15] CGUE 16.07.2020, Causa C‑686/18, Adusbef e a., punto 82.

[16] CGUE 15.04.2021, Cause riunite C‑798/18 e C‑799/18, Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) e a., punto 57.

[17] CGUE 20.12.2017, Causa C‑277/16, Polkomtel, punto 50.

[18] CGUE 17.10.2013, Causa C‑101/12, Schaible, punto 60.

[19] CGUE 22.01.2013, Causa C‑283/11, Sky Österreich, punto 48.

[20] Ibidem.

[21] CGUE 21.12.2016, Causa C‑201/15, AGET Iraklis, punto 87.