Con decisione non definitiva dell’11 ottobre 2021 (T 0116/18), il Board of Appeal (BoA) 3.3.02 dell’EPO ha effettuato un rinvio all’Enlarged Board of Appeal (EBA) (registrato come G2/21 “Plausibility”), mirante a sentir risolvere una questione di interpretazione (fra l’altro) dell’art. 56 della Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) in tema di altezza inventiva e di un corpus di precedente giurisprudenza, che è ripetutamente intervenuta in materia di brevetti farmaceutici, biotech e agrotech, dando origine ad orientamenti divergenti.
In questi settori, la necessità commerciale di assicurare sollecitamente la protezione brevettuale confligge con i tempi oggettivi di sviluppo e raccolta degli esiti della sperimentazione dell’invenzione a conferma della sua idoneità a realizzare l’effetto tecnico rivendicato. Ciò spesso non consente di inserire nella domanda esempi e dati quali-quantitativi di dettaglio a supporto del requisito dell’attività inventiva secondo il problem-solution approach(ricomprendente, come è noto, l’individuazione della closest prior art, la comparazione delle rivendicazioni del brevetto con questa, l’individuazione delle differenze, e la conseguente individuazione dell’effetto tecnico differenziale). Non è, allora, infrequente che i dati sperimentali e gli esempi comprovanti il conseguimento dell’effetto tecnico rispetto allo stato dell’arte vengano pubblicati solo successivamente, e prodotti nella fase di esame e/o in quella di opposizione. Donde, il termine “dati post-pubblicati”.
Nel caso di specie, si trattava di una domanda di brevetto relativa a “composizioni di insetticidi” depositato da Sumitomo Chemical Company ed opposto da Syngenta Limited. L’opponente sosteneva l’inammissibilità dei dati post-pubblicati dal titolare relativi ad un effetto sinergico fondamentale per conferire altezza inventiva all’invenzione, consistente nell’idoneità della composizione ricavata da una più ampia selezione, a conferire alle piante trattate la resistenza anche ad una specie aggiuntiva di parassiti, in aggiunta a quelle menzionate nella domanda. Non si trattava, si badi bene, di estensione della domanda (added matter), ma di riprova ex post di una caratteristica inventiva rivendicata in origine.
Come si accennava, l’ammissibilità delle evidenze post-pubblicate a sostegnodell’attività inventiva ha negli anni formato oggetto di una nutrita produzione giurisprudenziale del BoA e delle divisioni di esame dell’EPO, secondo tre principali ricostruzioni:
- secondo una prima scuola di pensiero (detta della plausibilità ab initio), i documenti e i dati post-pubblicati possono venire utilizzati a dimostrazione dell’altezza inventiva, purché la caratteristica che la conferisce all’invenzione fosse già foriera di una soluzione plausibile al di là della mera speculazione, in base al tenore della domanda pubblicata ed alle conoscenze generali (common general knowlege) dell’esperto del ramo alla data di deposito;
- secondo una seconda scuola di pensiero (detta della implausibilità ab initio), i documenti e i dati post-pubblicati possono venire utilizzati a dimostrazione dell’altezza inventiva, a meno che la caratteristica che la conferisce all’invenzione non fosse già implausibile in base al tenore della domanda pubblicata ed al common general knowldege dell’esperto del ramo alla data di deposito;
- infine, secondo una terza linea di giurisprudenza (detta della “no plausibility”), i documenti e i dati post-pubblicati possono venire utilizzati a dimostrazione dell’altezza inventiva in base al principio del libero convincimento nell’apprezzamento della prova, indipendentemente dalla plausibilità od implausibilità della soluzione proposta secondo il problem-solution approach alla data di deposito della domanda.
L’applicazione dell’uno o dell’altro di questi approcci non è neutrale, e può condurre a risultati di segno opposto in situazioni analoghe, con potenziale incertezza del diritto nell’applicazione uniforme della CBE.
Le prime due soluzioni sono speculari, ma evidentemente con la prefigurazione di un onere della prova molto più gravoso a carico del titolare nel caso della plausibilità ab initio ed un terreno molto più ristretto riservato alle opportunità di riformulazione del problema tecnico e di emendamento delle rivendicazioni in sede di esame o di opposizione (e finanche in sede di limitazione successiva). La terza via prescinde dal giudizio di plausibilità, ma può lasciare eccessivo spazio alle invenzioni c.d. speculative, con corrispondente incertezza sullo standard di trattamento delle domande nei singoli casi. Si è, d’altronde, anche osservato che le prime due soluzioni potrebbero introdurre surrettiziamente nel sistema un nuovo requisito di brevettabilità – quello, appunto, della plausibilità – non appartenente al paradigma normato della CBE.
Donde, l’esigenza ravvisata dal BoA 3.3.02 di ottenere una pronuncia nomofilattica da parte dell’EBA, trattandosi di una questione rilevante per la decisione del caso concreto, che inoltre rappresenta una questione di diritto di importanza generale sufficiente a giustificare il rinvio. Il BoA 3.3.02 sottolinea che il rinvio verte sulla valutazione sostanziale dei dati post-pubblicati nella formulazione del giudizio di attività inventiva, non sugli aspetti procedurali.
Il tema è di perdurante attualità nel settore farmaceutico notoriamente caratterizzato dai tempi molto lunghi intercorrenti fra il deposito di una domanda di brevetto e l’autorizzazione regolatoria del nuovo medicinale o del nuovo uso che ne costituiscono la realizzazione, che tipicamente riflettono le diverse fasi della sperimentazione clinica. E’, infatti, soltanto nella fase di sperimentazione (in vitro, in vivo su modello animale, clinica sull’uomo) – dunque, per definizione dopo la divulgazione contenuta nella domanda di brevetto – che vengono sviluppati gli esempi, i test e i dati che dimostrano la soluzione del problema tecnico secondo l’invenzione, così verificando il requisito della sua attività inventiva. Considerazioni parzialmente analoghe valgono per il settore agrotech,
Il quesito che è stato posto all’EBA dal BoA 3.3.2 è stato così formulato:
“If for acknowledgement of inventive step the patent proprietor relies on a technical effect and has submitted evidence, such as experimental data, to prove such effect, this evidence not having been public before the filing date of the patent in suit and having been filed after that date (post-published evidence):
- Should an exception to the principle of free evaluation of evidence (see e.g. G 3/97, Reasons5 5, and G 1/12, Reasons 31) be accepted in that post-published evidence must be disregarded on the ground that the proof of the effect rests exclusively on the post-published evidence?
- If the answer is yes (the post-published evidence must be disregarded if the proof of the effect rests exclusively on this evidence), can the post-published evidence be taken into consideration if, based on the information in the patent application in suit or the common general knowledge, the skilled person at the filing date of the patent application in suit would have considered the effect plausible (ab initio plausibility)?
- If the answer to the first question is yes (the post-published evidence must be disregarded if the proof of the effect rests exclusively on this evidence), can the post-published evidence be taken into consideration if, based on the information in the patent application in suit or the common general knowledge, the skilled person at the filing date of the patent application in suit would have seen no reasons to consider this effect implausible (ab initio implausibility)?”
La formulazione del quesito non si estende al trattamento, in ipotesi diverso, delle post-pubblicazioni successive ad una eventuale priorità. Tuttavia, come lo stesso BoA 3.3.2 osserva nella decisione, il caso di specie non presentava delle priorità rilevanti, e tale aspetto avrebbe difettato di rilevanza.
Si confida che il rinvio supererà il vaglio preliminare di ammissibilità, conducendo in effetti ad una pronuncia chiarificatrice dell’EBA.