Sin dall’inizio della crisi pandemica del coronavirus[1] era evidente che l’unica soluzione per arginare la propagazione del virus sarebbe stata l’approvazione di uno o più vaccini e la loro somministrazione su larga scala. Al riguardo, ancora nel giugno del 2020, la Commissione Europea aveva adottato[2] una strategia comune per accelerare l’iter per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di vaccini al fine di raggiungere la c.d. immunità di gregge.
Nonostante i rigidi parametri imposti per la loro approvazione, i vaccini sono tuttavia inevitabilmente caratterizzati da una intrinseca componente di rischio e, come è noto, possono essere all’origine del c.d. danno vaccinale, per il quale l’ordinamento già prevede un sistema di indennizzo a carico dello Stato, tuttavia, limitato alle vaccinazioni obbligatorie per legge[3]. È anche in questo contesto che si pongono diverse tematiche rilevanti per i nuovi vaccini anti-Covid-19 e gli obblighi, oltre che le responsabilità, che ne derivano.
Un primo aspetto attiene alla responsabilità del personale medico e sanitario impegnato nella gestione dei pazienti affetti da coronavirus e incaricato della somministrazione del vaccino, così esponendosi ai conseguenti rischi per eventuali lesioni colpose o finanche morte del paziente. La natura non soltanto astratta del tema è dimostrata anche dai (pur rari) decessi ascrivibili a reazioni avverse a seguito della somministrazione ed alla incessante attenzione mediatica sulle politiche vaccinali. Era d’altronde ragionevole che il personale sanitario coinvolto nella formidabile mobilitazione in atto si ponesse al riguardo degli interrogativi che non potevano restare senza risposta.
È in questo contesto, che il Governo ha approvato il Decreto-Legge del 1° aprile 2021, n. 44 (Decreto-Legge 44/2021)[4], contenente misure urgenti per il contenimento del coronavirus ed in materia di vaccinazioni, convertito poi in legge in data 28 maggio 2021[5].
Il Decreto-Legge 44/2021 prevedeva in origine un unico articolo sulla responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti-Covid-19. Nello specifico, il suo articolo 3[6] aveva introdotto il c.d. scudo vaccinale[7] che garantisce al personale sanitario che somministra il vaccino la non punibilità per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose di cui agli articoli 589[8] e 590[9] del Codice Penale, allorquando la somministrazione sia effettuata nel rispetto delle indicazioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione per l’immissione in commercio del prodotto rilasciate dalle autorità competenti o delle indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della Salute. Tale disposizione, in sostanza, rende penalmente non perseguibile il personale sanitario impegnato nella campagna vaccinale.
Tuttavia, ci si può domandare quanto in effetti l’articolo 3 del Decreto-Legge 44/2021 innovi rispetto alla vigente normativa in materia di responsabilità medica, disciplinata dalla Legge dell’8 marzo 2017, n. 24 (c.d. Legge Gelli-Bianco)[10]. Infatti, l’articolo 590 sexies, comma 2[11], del Codice Penale, introdotto da tale legge, già contempla la nozione di imperizia lieve[12] nell’esercizio della professione sanitaria come causa di non punibilità, purché siano state seguite le linee guida applicabili nello svolgimento dell’attività. In altre parole, se le lesioni o la morte del paziente sono state cagionate dal vaccino per effetto di condotta colposa, il personale sanitario sarà esente da responsabilità sempre che abbia seguito scrupolosamente le linee guida.
La vera novità è introdotta dall’articolo 3-bis[13] del Decreto-Legge 44/2021 convertito, in forza del quale, la non punibilità è estesa, sia in relazione all’omicidio colposo che in relazione alle lesioni personali colpose, durante la fase di emergenza epidemiologica, anche a tutti i fatti commessi nell’esercizio di una professione sanitaria. Avendo così ampliato l’ambito della causa di non punibilità, già prevista per i vaccinatori, a tutti gli esercenti le professioni sanitarie, con finalità preventiva, diagnostica, terapeutica, palliativa, riabilitativa o di medicina legale, la norma poggia sul duplice presupposto che i fatti non siano stati commessi con colpa grave e che siano connessi alla situazione di emergenza sin dalla sua dichiarazione nel gennaio 2020.
Al comma 2 dello stesso articolo, il Decreto-Legge 44/2021 come convertito introduce i criteri per valutare il grado di colpa. Nello specifico, tra i vari fattori che possono escluderne la gravità, il giudice potrà tener conto della limitatezza delle conoscenze scientifiche sulle patologie da Covid-19 e sulle terapie appropriate al momento della commissione del fatto, della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, e del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.
Tali indicatori di non-colpa possono attenere, ad esempio, all’uso off label[14] dei farmaci, all’omessa somministrazione di eparina[15]all’inizio della pandemia in quanto ancora non si conosceva il meccanismo patogenetico del coronavirus attivante le coagulopatie[16], alla scelta di chi curare prima, al numero di posti letto disponibili nei reparti di terapia intensiva, alla quantità di farmaci, dispositivi e tecnologie disponibili o di personale medico/infermieristico di turno. Inoltre, all’esordio dell’epidemia, i medici non infettivologi, non conoscendo ancora la via respiratoria di contagio, non isolavano un paziente sintomatico, con conseguente possibilità di diffusione del virus per tale ragione.
Piuttosto che proporre una definizione ad hoc della colpa grave, la norma si limita quindi ad individuare un elenco non esaustivo di fattori di valutazione sul grado della colpa a disposizione del giudice, il quale avrà il potere di prendere in considerazione anche diversi fattori non elencati. La verosimile applicabilità dello scudo penale non esimerà pertanto l’autorità inquirente dall’iscrizione dell’operatore nel registro degli indagati a fini di garanzia, poiché, per i fini della scriminante, sarà pur sempre necessaria la valutazione del giudice del merito sul suo operato.
L’articolo 3-bis del Decreto-Legge 44/2021 come convertito riguarda, tuttavia, soltanto la responsabilità penale, lasciando gli esercenti di una professione sanitaria conseguentemente esposti ai rischi di responsabilità civile.
Il secondo aspetto rilevante è legato all’obbligo vaccinale per il personale medico e sanitario. Infatti, ai sensi dell’articolo 4[17] del Decreto-Legge 44/2021 come convertito, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario sono obbligati a sottoporsi alla vaccinazione per la prevenzione del contagio al fine di tutelare la salute pubblica e per garantire adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza.
Gli effetti della mancata vaccinazione dei soggetti obbligati sono sanciti dall’articolo 4, comma 6,[18] del Decreto-Legge 44/2021. Più particolarmente, in seguito all’accertamento dello status di non vaccinato da parte dell’Azienda Sanitaria Locale competente, che agisce su segnalazione[19] della regione o della provincia autonoma[20], l’esercente le professioni sanitarie e l’operatore di interesse sanitario potrà essere sospeso dalle prestazioni o mansioni che possano determinare una diffusione del virus attraverso interazioni interpersonali. Pertanto, una volta comunicato l’accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale, il datore di lavoro assegna al lavoratore non vaccinato mansioni diverse, non necessariamente inferiori, che non implichino contatti interpersonali o rischi di diffusione del contagio, con retribuzione corrispondente alle mansioni assegnate. Qualora l’assegnazione a mansioni diverse non sia possibile, il lavoratore sarà sospeso fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, senza percepire per tutta la durata della sospensione alcuna retribuzione o altro compenso[21].
Le misure adottate avranno efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque (allo stato) non oltre il 31 dicembre 2021[22]. Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2022, il lavoratore potrà, salve successive disposizioni sempre da adottarsi con norma primaria, essere reintegrato nelle proprie mansioni.
L’obbligo vaccinale degli operatori sanitari e sociosanitari è stato oggetto di una recente pronuncia del Tribunale di Modena, che con ordinanze del 19 maggio[23] e del 23 luglio 2021[24], aveva ritenuto legittimo il provvedimento di sospensione dal lavoro senza retribuzione adottato da una RSA nei confronti di due fisioterapiste che non si erano sottoposte al vaccino anti-Covid-19. Tuttavia, la causa verteva sull’interpretazione della normativa applicabile prima dell’adozione del Decreto-Legge 44/2021. Nello specifico, il giudice aveva ricostruito la fattispecie sulla scorta degli obblighi derivanti dal combinato disposto delle disposizioni del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (TUSL)[25] e dell’articolo 2087[26] del Codice Civile, ritenendo che il rifiuto delle lavoratrici di sottoporsi alla vaccinazione, pur non assumendo rilievo disciplinare, qualora non giustificato da cause soggettive e specifiche condizioni cliniche, costituiva impedimento oggettivo all’espletamento della prestazione lavorativa. Questa ricostruzione è ora confermata sotto il profilo sistematico dall’articolo 4 del Decreto-Legge 44/2021, in quanto la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio delle professioni sanitarie, così legittimandosi la sospensione in caso di inosservanza del relativo obbligo.
Oltre che per il personale medico e sanitario, l’obbligo vaccinale è destinato a prender piede anche in altri contesti socio-economici, in parallelo ad altre misure di prevenzione. A tal proposito, con il recentissimo Decreto-Legge 105/2021[27], il governo ha introdotto l’obbligo del c.d. Green Pass, vale a dire, l’obbligo di presentare un certificato di vaccinazione o un test per il coronavirus con risultato negativo o di una prova d diagnosi negativa, per l’accesso ai ristoranti, alle attività di svago ed agli eventi, esteso successivamente con il Decreto-Legge 111/2021[28] anche all’accesso ai trasporti interregionali, al personale scolastico ed universitario nonché agli studenti. Tutte queste misure hanno come conseguenza indiretta un forte incentivo a sottoporsi al trattamento vaccinale, non solo per il personale medico e sanitario ma per tutti i cittadini, indipendentemente dall’attività svolta.
In altri Stati dell’Unione Europea, l’orientamento politico prevalente è nel senso di non imporre il trattamento vaccinale, affidandosi al momento a forme indirette e di moral suasion. Infatti, per la cancelliera Angela Merkel adottare una formula di obbligatorietà non sarebbe un’opzione realistica[29]. In Irlanda, l’obbligo vaccinale è definito dall’autorità sanitaria come la misura più invasiva, da prendere in considerazione soltanto in caso di rischio di sanità pubblica estremo[30]. Tuttavia, recentemente, anche la Francia ha dichiarato di voler introdurre l’obbligo vaccinale per il personale sanitario a partire dal 15 settembre 2021 e la sospensione della retribuzione per chi non si sarà vaccinato. La Commissione, per sua parte, ha sottolineato che le campagne vaccinali ricadono nelle competenze nazionali, ivi compresa l’obbligatorietà o meno del trattamento e per quali tipologie di soggetti[31].
In conclusione, tornando allo scudo penale disposto dal Decreto-Legge 44/2021, sembra trattarsi di una misura destinata ad intervenire nella sfera soggettiva degli esercenti le professioni sanitare, per rassicurarli su ciò che dal loro operato nell’attività di somministrazione dei vaccini nel periodo emergenziale non deriveranno conseguenze penali, se non per colpa grave. Peraltro, il contesto di fatto, e quello normativo conseguente, sono in continuo mutamento, sia a causa del progressivo accumularsi di dati di farmacovigilanza sempre più significativi per definire l’incidenza delle conseguenze avverse e l’aggiornamento e l’affinamento e delle indicazioni, delle controindicazioni e dei dosaggi, sia a causa della continua scoperta delle nuove varianti del virus e della necessità di adattare coerentemente la prevenzione e le terapie. Il quadro normativo e, in definitiva, quello delle responsabilità e dell’obbligo vaccinale sono quindi anch’essi destinati ad un futuro in continua evoluzione.
[1] Per ulteriori informazioni si veda il nostro blog, disponibile al seguente LINK.
[2] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.
[3] Legge del 25 febbraio 1992, n. 210, Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, GU n. 55 del 06.03.1992. L’articolo 1 della legge dispone: “… Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge…”.
[4] Decreto-Legge del 1° aprile 2021, n. 44, Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici, GU n. 79 del 01.04.2021.[5] Legge 28 maggio 2021, n. 76, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici, GU n.128 del 31.05.2021.
[6] L’articolo 3 del Decreto-Legge, intitolato “Responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2”, dispone: “… Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari ((pubblicate nel sito internet istituzionale)) del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione…”.
[7] Chiamato anche immunità penale del vaccino.
[8] L’articolo 589 del Codice Penale, intitolato “Omicidio colposo”, al comma 3, dispone: “… Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni…”.
[9] L’articolo 590 del Codice Penale, intitolato “Lesioni personali colpose”, al comma 1, dispone: “… Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309…”.
[10] Legge dell’8 marzo 2017, n. 24, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, GU n. 64 del 17-03-2017.[11] L’articolo 590-sexies del Codice Penale, intitolato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, al comma 2, dispone: “… Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto…”.
[12] L’imperizia si caratterizza per l’inosservanza, in ambito sanitario, di una regola specialistica o tecnica (c.d. leges artis) a causa di propria ignoranza, inabilità o inettitudine ad applicarla oppure per la non sua non concreta applicazione sebbene l’operatore avrebbe dovuto eseguirla.
[13] L’articolo 3-bis del Decreto-Legge, intitolato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”, dispone: “… Durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.
- Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza…”.
[14] Per off-label si intende l’impiego nella pratica clinica di farmaci somministrati al di fuori delle condizioni autorizzate dagli enti predisposti per patologia, popolazione o posologia.
[15] L’eparina è un principio attivo anticoagulante, in grado di rallentare o interrompere il processo di coagulazione del sangue.
[16] La coagulopatia si manifesta quando i fattori della coagulazione sono carenti o assenti. I fattori della coagulazione sono proteine che permettono la formazione del coagulo del sangue.
[17] L’articolo 4 del Decreto-Legge, intitolato “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”, al comma 1, dispone: “… In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano…”.
[18] L’articolo 4 del Decreto-Legge, al comma 6, dispone: “… Decorsi i termini di cui al comma 5, l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2…”.
[19] L’articolo 4 del Decreto-Legge, al comma 5, dispone: “… Ricevuta la segnalazione di cui al comma 4, l’azienda sanitaria locale di residenza invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione o l’omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al primo periodo, l’azienda sanitaria locale, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’azienda sanitaria locale invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque, non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale…”.
[20] L’azienda sanitaria locale (ASL) è un ente pubblico locale competente per l’organizzazione gestionale e finanziaria delle prestazioni sanitarie.
[21] L’articolo 4 del Decreto-Legge, al comma 8, dispone: “… Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato…”.
[22] L’articolo 4 del D Decreto-Legge, al comma 9, dispone: “… La sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021…”.
[23] Tribunale di Modena ordinanza n. 2467 del 19.05.2021.
[24] Tribunale di Modena ordinanza n. 2467 del 23.07.2021.
[25] Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, GU n.101 del 30.04.2008.
L’articolo 20 del TUSL, intitolato “Obblighi dei lavoratori”, al paragrafo 1, dispone: “… Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro…”.
[26] L’articolo 2087 del Codice Civile, intitolato “Tutela delle condizioni di lavoro”, dispone: “… L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
[27] Decreto-Legge 23 luglio 2021, n.105, Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche, GU n.175 del 23.07.2021.
[28] Decreto-Legge 6 agosto 2021, n.111, Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti, GU n.187 del 06.08.2021.
[29] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.
[30] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.
[31] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.