MEDICINALI PER USO UMANO SOGGETTI A PRESCRIZIONE MEDICA. LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI E DIVIETO DI OFFRIRE, PUBBLICIZZARE O CONCEDERE OMAGGI NELLE VENDITE PER CORRISPONDENZA

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Farmaceutico e Life Sciences, Marco Stillo, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 15 luglio 2021 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑190/20, DocMorris NV contro Apothekerkammer Nordrhein, sull’interpretazione dell’articolo 87, paragrafo 3, della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla Direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012[1]. La domanda di pronuncia pregiudiziale era stata presentata nell’ambito di una controversia sorta nel 2015 tra la DocMorris NV (“DocMorris”), società di diritto olandese che gestisce una farmacia per corrispondenza stabilita nei Paesi Bassi, e l’Apothekerkammer Nordrhein (ordine dei farmacisti della Renania settentrionale), in merito ad un volantino pubblicitario distribuito dalla DocMorris presso la sua clientela in Germania, avente ad oggetto un “grande gioco a premi” in cui si prevedeva come condizione per la partecipazione l’invio di una ricetta per un medicinale soggetto a prescrizione. 

In data 16 giugno 2015, l’ordine dei farmacisti della Renania settentrionale aveva instaurato un’azione[2] contro la DocMorris dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land, Francoforte sul Meno) al fine di sentir inibire la distribuzione in Germania di un volantino pubblicitario per un “grande gioco a premi” che prometteva, come vincita principale, un buono per una bicicletta elettrica del valore di 2.500 euro e, come premi dal secondo al decimo, uno spazzolino da denti elettrico a seguito di un’estrazione a sorte per la cui partecipazione era sufficiente inviare alla DocMorris, in una busta preaffrancata, un buono d’ordine di un medicinale soggetto a prescrizione medica, allegando la relativa ricetta.

Poiché l’azione era stata rigettata, l’ordine dei farmacisti aveva interposto appello dinanzi all’Oberlandesgericht Frankfurt am Main (Tribunale superiore del Land, Francoforte sul Meno), che ne aveva accolto il ricorso. All’esito di quel grado, la DocMorris aveva proposto ricorso per cassazione dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se le disposizioni contenute nel titolo VIII della Direttiva 2001/83, e in particolare l’articolo 87, paragrafo 3[3], della medesima, ostino a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un’azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi dai medicinali, subordinando la partecipazione al gioco all’invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione. 

La Corte ha preliminarmente ricordato che il titolo VIII della Direttiva 2001/83, relativo alla pubblicità dei medicinali, che contiene l’articolo 87, paragrafo 3, mira a disciplinare il contenuto dei messaggi pubblicitari e le modalità della loro diffusione per determinati medicinali, e non già la pubblicità dei servizi di vendita per corrispondenza degli stessi[4]. Di conseguenza, poiché l’azione pubblicitaria condotta dalla DocMorris era intesa a influenzare non già la scelta da parte del cliente di un determinato medicinale, che era già determinata dalla prescrizione medica, e bensì quella della farmacia presso la quale acquistarlo, che si colloca a valle di quest’ultima, essa non rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del titolo VIII della Direttiva 2001/83. 

Una normativa nazionale che vieta l’organizzazione di un gioco inteso a promuovere la vendita di medicinali può, tuttavia, presentare profili di interferenza con la libera circolazione delle merci, dal momento che essa disciplina una determinata forma di commercializzazione dei medicinali, che rientrano nella nozione di “merci” ai sensi delle relative disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Occorre pertanto verificare se la stessa possa costituire una restrizione quantitativa all’importazione tra gli Stati Membri o una misura di effetto equivalente contraria all’articolo 34 TFUE[5]. Il divieto delle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative riguarda qualsiasi provvedimento degli Stati Membri comunque formulato, che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, le importazioni tra di essi[6]. Più particolarmente, non è idoneo a costituire un ostacolo agli scambi tra gli Stati Membri l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati Membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, a condizione che, da un lato, esse trovino applicazione a tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività nel territorio nazionale e, dall’altro, incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sulla commercializzazione dei prodotti nazionali e su quella dei prodotti provenienti dagli altri Stati Membri[7].

Secondo la Corte, entrambe le condizioni risultano soddisfatte nel caso concreto. La normativa interna rilevante si applica, infatti, indistintamente a tutte le farmacie che vendono medicinali nel territorio tedesco, siano esse stabilite nel territorio della Repubblica federale di Germania o in un altro Stato Membro. Essa, inoltre, riguarda non già la promozione di un determinato prodotto, e bensì quella della vendita per corrispondenza di medicinali di ogni tipo, provenienti tanto dalla Germania quanto da altri Stati Membri, di talché esso non viola l’articolo 34 TFUE.

La Corte ha pertanto statuito che:

La direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un’azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali, subordinando la partecipazione a detto gioco all’invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione. 

L’articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale”.

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[1] GUUE L 311 del 28.11.2001.

[2] L’articolo 7 del Gesetz über die Werbung auf dem Gebiete des Heilwesens (Heilmittelwerbegesetz) (legge sulla pubblicità relativa ai medicinali; “HWG”) al paragrafo 1 prima frase dispone: “… È vietato offrire, annunciare o concedere vantaggi e altri omaggi pubblicitari (prodotti o servizi) o, nel caso dei professionisti del settore sanitario, accettarli…”.

[3] L’articolo 87 della Direttiva 2001/83/CE al paragrafo 3 dispone: “La pubblicità di un medicinale:

– deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,

– non può essere ingannevole”.

[4] CGUE 01.10.2020, Causa C‑649/18, A (Pubblicità e vendita di medicinali online), punti 49-50.

[5] L’articolo 34 TFUE dispone: “… Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente…”.

[6] CGUE 19.10.2016, Causa C‑148/15, Deutsche Parkinson Vereinigung, punto 22; CGUE 11.07.1974, Causa 8/74, Dassonville, punto 5.

[7] CGUE 21.09.2016, Causa C‑221/15, Etablissements Fr. Colruyt, punto 35; CGUE 24.11.1993, Cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard, punto 16.