In data 8 luglio 2021, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑178/20, Pharma Expressz Szolgáltató és Kereskedelmi Kft. contro Országos Gyógyszerészeti és Élelmezés-egészségügyi Intézet, sull’interpretazione degli articoli da 70 a 73 della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla Direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012[1],e sull’interpretazione dell’articolo 36 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La causa proveniva da una domanda di interpretazione pregiudiziale presentata nell’ambito di una controversia tra la Pharma Expressz Szolgáltató és Kereskedelmi Kft. (“Pharma Expressz”) e l’Országos Gyógyszerészeti és Élelmezés-egészségügyi Intézet (Istituto nazionale ungherese di farmacia e nutrizione; l’“Istituto”) in ordine alla vendita in Ungheria di un medicinale che non aveva ivi ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio (“AIC”), ma che disponeva di un’AIC in un altro Stato Membro dello Spazio Economico Europeo (SEE), dove veniva commercializzato senza prescrizione medica.
Dopo aver accertato che la Pharma Expressz aveva più volte importato da un altro Stato Membro del SEE un medicinale che non aveva ottenuto un’AIC in Ungheria, ma che era autorizzato nel primo Stato come medicinale non soggetto a prescrizione, l’Istituto aveva ingiunto a quest’ultima di astenersi dal commercializzare il medicinale in Ungheria senza una prescrizione medica nonché una dichiarazione specifica rilasciata dallo stesso Istituto che assente la prescrizione e la consegna. Avverso questo provvedimento, la Pharma Expressz aveva presentato ricorso alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale; il “giudice del rinvio”), sostenendo che l’interpretazione del diritto ungherese[2] dell’Istituto equivaleva ad una restrizione quantitativa all’importazione, contraria all’articolo 34 TFUE[3], che non poteva essere giustificata dall’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone di cui all’articolo 36 TFUE[4]. Il giudice del rinvio aveva allora deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva alla Corte se gli articoli da 70 a 73 della Direttiva 2001/83, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1[5], e dell’articolo 6, paragrafo 1[6], della stessa, dovessero essere interpretati nel senso che essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato Membro sia parimenti fornito senza prescrizione medica in un altro Stato Membro qualora, in quest’ultimo, tale medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato valutato o classificato dall’autorità competente.
La Corte ha preliminarmente ricordato[7] che gli Stati Membri devono, in linea di principio, vietare la commercializzazione dei medicinali che non dispongono di un’AIC rilasciata da uno Stato Membro ai sensi della Direttiva 2001/83 o dalla Commissione ai sensi della procedura centralizzata prevista dal Regolamento n. 726/2004[8]; di talché, se il medicinale non dispone di tale AIC, non può essere commercializzato nello Stato Membro in cui è offerto in vendita, ciò che rende irrilevante la procedura di classificazione dei medicinali prevista agli articoli da 70 a 73 della medesima Direttiva. Tale principio può, tuttavia, subire delle eccezioni conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83, che è stato in effetti trasposto nell’ordinamento ungherese. Di conseguenza, gli articoli da 70 a 73 della Direttiva 2001/83, letti alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1 nonché dell’articolo 5, paragrafo 1, della stessa, devono essere interpretati nel senso che, salvo la deroga ivi prevista allo scopo di rispondere ad esigenze terapeutiche specifiche in base ad un ordine genuino e non sollecitato, essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato Membro sia parimenti fornito senza prescrizione medica in un altro Stato Membro qualora, in quest’ultimo, tale medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato classificato.
Con la seconda questione, il giudice del rinvio domandava di conoscere se una misura nazionale che costituisce la trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83 e che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’AIC, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità sanitaria competente volta a garantire il rispetto delle condizioni enunciate in tale disposizione, costituisca una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE, che può essere giustificata a titolo dell’articolo 36 TFUE per motivi connessi alla tutela della salute e della vita delle persone, anche qualora tale medicinale sia registrato in un altro Stato Membro come medicinale non soggetto a prescrizione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, per garantire l’attuazione della deroga prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83, una normativa nazionale deve soddisfare le condizioni previste al riguardo, ossia, in particolare, che i medicinali forniti in base ad essa siano necessari per soddisfare esigenze speciali di natura medica[9], in modo tale da non costituire una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente[10].
Nel caso concreto, la prima condizione prevista dalla normativa ungherese al fine di consentire la fornitura di medicinali che non dispongono di un’AIC in Ungheria è l’esistenza di una prescrizione rilasciata dal medico, che è l’unico soggetto legittimato a rivolgersi all’Istituto affinché quest’ultimo si pronunci sull’esistenza di un interesse concreto di cura del paziente meritevole di particolare attenzione[11]. Di conseguenza, poiché il medico è un operatore sanitario ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83, che riguarda situazioni in cui egli svolge un ruolo di decisore[12], il requisito della prescrizione medica è conforme alle condizioni enunciate in quest’ultima norma.
La seconda condizione prevista dalla normativa ungherese, invece, consente al medico, mediante la dichiarazione dell’Istituto, di ottenere informazioni sull’esistenza e sulla validità, in un altro Stato Membro, di un’AIC per il medicinale di cui si intende ottenere la fornitura in Ungheria, anche in assenza di AIC in quest’ultimo Stato. Poiché tale dichiarazione consente di garantire che il medicinale la cui fornitura non sarà soggetta alla regola generale prevista all’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83 sia effettivamente autorizzato in un altro Stato Membro, il ricorso ad essa potrebbe offrire al medico un parere supplementare sulla somministrazione di un medicinale con cui potrebbe non avere necessariamente familiarità, di talché il requisito previsto dal diritto nazionale costituisce una trasposizione corretta dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva stessa.
La Corte ha pertanto statuito che:
“Gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, come modificata dalla direttiva 2012/26, devono essere interpretati nel senso che, fatta salva l’attuazione della deroga prevista da detto articolo 5, paragrafo 1, essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro sia parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo Stato, detto medicinale non disponga di un’autorizzazione all’immissione in commercio e non sia stato classificato.
Una misura nazionale di trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’autorizzazione all’immissione in commercio, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità intesa a garantire il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione non costituisce né una restrizione quantitativa né una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE”.
[1] GUUE L 311 del 28.11.2001.
[2] L’emberi felhasználásra kerülő gyógyszerek rendeléséről és kiadásáról szóló 44/2004. EszCsM rendelet (regolamento 44/2004 del Ministero della Salute, degli Affari sociali e della Famiglia, concernente la prescrizione e la fornitura di medicinali per uso umano) all’articolo 3 paragrafo 5 dispone “… Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della legge sui medicinali, i medici possono prescrivere i medicinali che non dispongono di un’[AIC] in Ungheria, ma che ne dispongono in uno Stato membro dello [SEE] o in uno Stato avente lo stesso status giuridico di uno Stato membro del SEE in virtù di un trattato internazionale con la Comunità europea o il SEE (…), soltanto se, prima di prescriverli, inviano una notifica all’[Istituto] e ottengono una dichiarazione di tale Istituto…”.
[3] L’articolo 34 TFUE dispone: “… Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente…”.
[4] L’articolo 36 TFUE dispone: “… Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri…”.
[5] L’articolo 5 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 1 dispone: “… Uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità…”.
[6] L’articolo 6 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 1 dispone: “… Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico e con il regolamento (CE) n. 1394/2007…”.
[7] CGUE 11.12.2003, Causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband, punto 52; CGUE 08.11.2007, Causa C‑143/06, Ludwigs-Apotheke, punto 19.
[8] Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali, GUUE L 136 del 30.04.2004.
[9] CGUE 29.03.2012, Causa C‑185/10, Commissione/Polonia, punti 42-43.
[10] CGUE 05.04.2001, Causa C‑123/00, Bellamy e English Shop Wholesale, punto 21.
[11] L’emberi alkalmazásra kerülő gyógyszerekről és egyéb, a gyógyszerpiacot szabályozó törvények módosításáról szóló 2005. évi XCV. törvény (legge n. XCV del 2005, sui medicinali per uso umano e che modifica altre leggi che disciplinano il mercato dei medicinali) all’articolo 25 paragrafo 2 dispone: “… I medicinali che non dispongono di un’[AIC] in uno Stato che è parte dell’accordo [sullo Spazio economico europeo (SEE)] ma che dispongono di tale autorizzazione in un altro paese possono, in casi particolari, essere utilizzati a scopi sanitari qualora il loro uso sia giustificato in considerazione di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione e qualora l’autorità amministrativa farmaceutica competente ne abbia autorizzato l’uso nel rispetto delle condizioni previste in una normativa specifica. I medicinali che dispongono di un’[AIC] in uno Stato che è parte dell’accordo SEE possono essere utilizzati a scopi sanitari se sono stati notificati all’autorità amministrativa farmaceutica competente conformemente alle modalità fissate in una normativa specifica. La valutazione dell’esistenza di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione si effettua, se necessario, alla luce del parere dell’ordine dei professionisti del settore sanitario sulla sicurezza e sull’efficacia della procedura terapeutica…”.
[12] CGUE 11.04.2013, Causa C‑535/11, Novartis Pharma, punto 46.