DIRITTI TELEVISIVI SERIE A 2015-2018. IL CONSIGLIO DI STATO RIGETTA L’APPELLO DELL’AGCM CONFERMANDO LE SENTENZE DEL TAR LAZIO

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Tra il 28 e il 30 dicembre 2020, il Consiglio di Stato (“CdS”) si è pronunciato sui ricorsi[1] proposti dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) per la riforma delle sentenze[2] con cui il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) Lazio aveva annullato il provvedimento[3] che sanzionava talune condotte poste in essere dalla Lega nazionale professionisti serie A (LNPA), dal suo advisor Infront Italy S.p.a. (“Infront”), nonché dai principali operatori televisivi del mercato della pay-tv[4], consistenti nella spartizione dei diritti audiovisivi per il campionato di calcio di serie A, triennio 2015/2018, in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Questi i fatti.

Conformemente alla normativa nazionale in materia di offerta e modi di assegnazione competitiva dei diritti audiovisivi e formazione dei pacchetti[5], la LNPA aveva deciso di organizzare l’assegnazione dei diritti inerenti alla Serie A per il triennio 2015/2018 mediante un invito ad offrire che prevedeva cinque pacchetti[6]. Dopo aver ricevuto diverse offerte, tuttavia, la LNPA ed Infront avevano rilevato due differenti problematiche in merito all’assegnazione dei pacchetti A) e B) in particolare, ossia i) la loro potenziale assegnazione ad un solo operatore, ciò che avrebbe potuto dar luogo ad una posizione dominante, e ii) l’ammissibilità di offerte condizionate. Dopo aver richiesto un parere esterno sulla vicenda, nel giugno 2014 la LNPA aveva deciso di assegnare il “pacchetto A” a Sky e quelli B) e D) a RTI, non assegnando il pacchetto C) in quanto le relative offerte erano inferiori al prezzo minimo indicato nell’invito a offrire e dando atto della mancanza di offerte per il pacchetto E). A seguito della richiesta della RTI[7], inoltre, la LNPA aveva autorizzato la concessione in sub-licenza dei diritti relativi al pacchetto D) assegnato a Sky a condizione che la stessa fosse conforme a quanto comunicato dalle parti alle Autorità, senza ulteriori pattuizioni rispetto a quelle già previste per il pacchetto D) nell’invito a presentare offerte.

Nel febbraio 2015, tuttavia, erano apparse notizie di stampa sul contenuto di talune conversazioni telefoniche coinvolgenti il presidente di una società calcistica di Serie A in merito ad una spartizione dei diritti tra le parti interessate. L’AGCM aveva avviato un’istruttoria al fine di verificare un’eventuale intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’articolo 101 TFUE, tra la RTI, Sky, la LNPA ed Infront, ad esito della quale aveva sanzionato queste ultime rilevando che le condotte esaminate erano state effettivamente finalizzate alla spartizione dei diritti audiovisivi per il triennio 2015/18[8].

La RTI, Sky, la LNPA ed Infront avevano impugnato la decisione dell’AGCM dinanzi al TAR Lazio, che aveva accolto i loro ricorsi annullando il provvedimento sanzionatorio, in quanto i) le condotte in questione non integravano un accordo spartitorio, avendo al contrario consentito il perpetuarsi di una concorrenza che non sarebbe sopravvissuta con l’assegnazione dei pacchetti maggiori a Sky, e ii) l’assetto preso in considerazione dall’istruttoria non poteva rientrare nella fattispecie dell’intesa restrittiva per oggetto, in quanto l’AGCM non ne aveva dimostrato la dannosità in termini di ripartizione del mercato considerato che non era accertata la quota di mercato di ciascun partecipante[9].

L’AGCM aveva, allora, presentato appello al CdS, lamentando in primo luogo l’illogicità della posizione del TAR Lazio secondo cui non sarebbe stato plausibile un accordo ex post, in quanto le parti non avevano concordato una strategia collusiva prima della presentazione delle offerte.

Il CdS ha preliminarmente ricordato che, oltre a ribadire il divieto sulla formazione di posizioni dominanti, l’articolo 9, comma 4, del D.lgs. 9/2008[10] pone un divieto ulteriore, esclusivamente nella fase di aggiudicazione, ma tale da condizionare il relativo risultato. Più particolarmente, tale divieto implica, oltre alla liceità delle offerte condizionate da parte d’uno o più partecipanti, l’impossibilità d’aggiudicare ad un’unica impresa, qualunque fosse l’importo della sua offerta e al di là della presenza o meno nella lettera d’invito d’una clausola espressa di aggiudicazione per lotti, i pacchetti inerenti alle dirette audiovisive, qualora coprano la parte preponderante degli eventi sportivi su tutte le piattaforme televisive, a loro volta maggioritarie rispetto a quelle informatiche. L’attività della LNPA, pertanto, unico soggetto responsabile della gestione di pubblico interesse di tale assegnazione in forma competitiva ed allo stesso tempo condizionata, si era rivelata correttiva dell’effetto contrario alla legge prodotto dalla graduatoria, mentre la valutazione dell’AGCM non aveva tenuto in debito conto come l’articolo 9, comma 4, del D.lgs. 9/2008 non consentisse aggiudicazioni di fatto totalitarie ed in contrasto col principio di virtuosa concorrenza tra i titolari di ciascuna i piattaforma.

L’erronea ricostruzione da parte dell’AGCM della normativa speciale e del mercato rilevante ne aveva inficiato il giudizio sul reale contenuto del duplice accordo, transattivo-adesivo all’aggiudicazione definitiva[11] e transattivo quanto alla sub-licenza dopo l’aggiudicazione stessa[12]. Secondo il CdS, infatti, lo scenario logicamente più congruente è quello in cui, a fronte di una graduatoria non correttamente interpretata in base all’articolo 9, comma 4, del D.lgs. 9/2008, l’ente aggiudicatore aveva sottoposto in via unilaterale ai propri organi, in sede di aggiudicazione definitiva, la graduatoria finale con le nuove e più precise assegnazioni, a fronte delle, o dopo le quali, a motivo della discrasia delle posizioni tra i vari attori procedimentali privati, non era stata ritenuta possibile altra soluzione non contenziosa se non i) quella adesiva di Sky e RTI, e ii) quella transattiva tra Sky e LNPA.

In secondo luogo, l’AGCM aveva lamentato la violazione delle norme a tutela della concorrenza a causa dell’erroneo ragionamento seguito dal TAR Lazio, nel negare che l’aggiudicazione definitiva e gli accordi connessi costituissero illeciti anticompetitivi.

Secondo il CdS, tuttavia, non vi era stata alcuna intesa a latere tra i diversi attori, in quanto sarebbe stato più semplice e plausibile un accordo collusivo ex ante attraverso offerte che garantissero il mantenimento delle pregresse posizioni di ciascuno. Ancorché, infatti, un accordo sarebbe stato possibile anche dopo l’apertura delle buste, le posizioni di Sky e RTI nonché della LNPA non erano mai state realmente conciliative né prima né dopo la gara, in quanto era stata proprio quest’ultima a volere ed ottenere un’aggiudicazione diversa dai dati risultanti dalla lettura delle offerte, applicandovi la regola ritenuta più corretta in base all’articolo 9, comma 4, del D.lgs. 9/2008 ed indipendentemente dalle posizioni delle due imprese, che vi avevano aderito senza riserve. Inoltre, il fatto che tale scelta si fosse rivelata utile a risolvere il contenzioso minacciato da Sky contro la LNPA non era dirimente, dato che la transazione tra Sky e RTI era avvenuta contestualmente alla nuova graduatoria. Di talché, non era chiaro in quale preciso momento l’AGCM aveva ritenuto sussistente l’intesa per oggetto, dato che era stata proprio la scelta della LNPA ad evitare il formarsi della posizione dominante ed a garantire in concreto l’effettività della concorrenza. Il ruolo di Infront, poi, era stato meramente ancillare rispetto ai reali attori della vicenda. Se è vero che un terzo può venire qualificato come parte di un’intesa collusiva orizzontale anche qualora il suo interesse non coincida con quello delle imprese direttamente partecipanti ad essa, nel caso concreto era stata la LNPA, in quanto decisore d’ultima istanza, a stabilire l’assetto legittimo delle aggiudicazioni.

Secondo il CdS, inoltre, i due accordi tra le parti non possono essere considerati spartitori. Mentre, infatti, quello tra Sky e RTI aveva aderito alla statuizione della LNPA sul corretto riparto dei diritti audiovisivi, quello tra quest’ultima e Sky, ai fini della sub-licenza, è espressamente previsto dal D.lgs. 9/2008[13].

Infine, anche l’assunto dell’AGCM secondo cui il TAR del Lazio aveva errato in merito all’effetto pro-concorrenziale della vicenda in quanto questa non si era tradotta in minori prezzi per i consumatori veniva disatteso, dato che, anche qualora si fosse effettivamente verificato un aumento dei prezzi dei servizi di pay-tv a causa dell’intesa contestata, esso non era distinguibile da quelli dovuti ad altre ragioni.

Di conseguenza, il CdS ha respinto integralmente l’appello dell’AGCM, confermando le sentenze del TAR Lazio e definitivamente annullando la decisione dell’AGCM.

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[1] AGCM, ricorsi NRG 2408/2017, 2440/2017 e 2441/2017.

[2] TAR Lazio, sentenze nn. 12811, 12812, 12814 e 12816 del 2016.

[3] Disponibile al seguente LINK.

[4] Nello specifico SKY Italia s.r.l. (“Sky”), Mediaset Premium s.p.a. (“Mediaset”) e RTI – Reti televisive italiane s.p.a. (“RTI”).

[5] D.lgs. 9 gennaio 2008, No. 9, Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse, GU n. 27 del 01,02.2008. L’articolo 8 del Decreto, intitolato “Offerta dei diritti audiovisivi e formazione dei pacchetti”, dispone:… L’organizzatore della competizione è tenuto ad offrire i diritti audiovisivi mediante più procedure competitive, ai fini dell’esercizio degli stessi per singola piattaforma ovvero mettendo in concorrenza le diverse piattaforme, ovvero con entrambe le modalità.

Nell’ipotesi in cui vengano messe in concorrenza diverse piattaforme, l’organizzatore della competizione è tenuto a predisporre più pacchetti.

L’organizzatore della competizione deve predisporre pacchetti tra loro equilibrati in modo da garantire la presenza, in ciascuno di essi, di eventi della competizione di elevato interesse per gli utenti.

L’organizzatore della competizione fissa il prezzo minimo di ciascun pacchetto al di sotto del quale, previa comunicazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, può decidere di revocare l’offerta…”.

[6] Nello specifico i) il “pacchetto A”, sui diritti per le piattaforme satellitare (DTH), internet, TV Mobile (DTH), telefonia mobile e IPTV relativi a otto società sportive considerate di maggior interesse, ii) il “pacchetto B”, sui diritti per le piattaforme digitale terrestre (DTT), internet, TV Mobile (DTH), Telefonia mobile e IPTV relativi ai medesimi eventi del pacchetto precedente, iii) il “pacchetto C”, sui diritti accessori (interviste, immagini da spogliatoi ed altro) per il pacchetto A o B, iv) 4) il “pacchetto D”, recante l’esclusiva per tutte le piattaforme per i rimanenti eventi, relativi a una squadra di “maggior seguito” ed alle altre di c.d. “minore seguito”, e v) 5) il “pacchetto E”, concernente tre incontri a scelta tra quelli disputati di domenica alle ore 15.00, da trasmettere solo su piattaforma internet.

[7] L’articolo 19 del D.lgs. 9/2008, intitolato “Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, al comma 1 dispone:… Ferme restando le competenze generali e quelle previste dal presente decreto, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica delle piattaforme e della necessità di garantire la concorrenza nel mercato dei diritti audiovisivi, provvedono, ciascuna per i profili di competenza, sulle richieste dell’organizzatore della competizione volte a consentire limitate deroghe ai divieti di cui all’articolo 11, comma 6…”.

[8] Si vedano le sezioni 3.1-3.2 della decisione.

[9] Si veda il punto 4 della decisione.

[10] L’articolo 9 del D.lgs. 9/2008, intitolato “Assegnazione dei diritti audiovisivi”, al comma 4 dispone: “… È fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette, fermi restando i divieti previsti in materia di formazione di posizioni dominanti…”.

[11] Ossia tra Sky e RTI.

[12] Ossia tra Sky e la LNPA.

[13] L’articolo 11 del D.lgs. 9/2008, intitolato “Modalità di esercizio”, al comma 7 dispone: “… L’operatore della comunicazione assegnatario dei diritti audiovisivi può concludere, previa autorizzazione, a titolo oneroso e in forma scritta, dell’organizzatore della competizione, accordi non esclusivi aventi ad oggetto la ritrasmissione, in simultanea o in differita, direttamente o da parte di terzi, dei prodotti audiovisivi, e accordi di distribuzione del segnale su altre piattaforme. L’autorizzazione può essere concessa a fronte del pagamento di un prezzo congruo e solo laddove non pregiudichi lo sfruttamento dei diritti audiovisivi da parte di altri operatori della comunicazione assegnatari dei diritti concessi in licenza sulle piattaforme per cui si chiede la ritrasmissione dei prodotti audiovisivi o la ridistribuzione del segnale. L’operatore della comunicazione, se autorizzato, deve operare nei confronti dei soggetti terzi, comunque in possesso del prescritto titolo abilitativo, in modo equo, trasparente, non discriminatorio e, in ogni caso, non lesivo della concorrenza…”.